L’istituzione dell’Unione bancaria europea, generalmente, è auspicata e promossa come uno dei passaggi fondamentali per procedere nella direzione della completa integrazione, rafforzare l’euro e metterci al riparo da future crisi. Nella notte tra mercoledì e giovedì, è stata posto la prima pietra della costruzione bancaria, attraverso un’intesa quadro siglata tra i ministri economici dell’Ue. Alla Bce, in sostanza, spetterà il compito di supervisionare le banche i cui asset valgano più di un quinto dei Pil nazionali, o dispongano di un patrimonio superiore ai 30 miliardi di euro, e di coordinare le attività di controllo della banche centrali nazionali che vigileranno su tutto il resto. Abbiamo chiesto a Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, se cè da rallegrarsi.
L’unione bancaria viene salutata come panacea di tutti i mali.
Direi che si tratta di un modo di pensare vagamente ipocrita. Le banche centrali, infatti, già prima potevano tranquillamente scambiare tutte le informazioni possibili immaginabili con la Bce. E non credo che se, la Bce gliele avesse chieste, le banche centrali gliele avrebbero rifiutate. Non è pensabile, del resto, che tanti dei disastri accaduti, quali la sovraesposizione delle banche spagnole al settore immobiliare, dipendessero da situazioni ignote alla Bce. Magari non nei dettagli, ma sicuramente a livello macro, già sapeva.
Allora, come si spiega l’operazione?
Credo che si tratti di una foglia di fico per giustificare i futuri salvataggi da parte della Bce stessa. Attualmente, per esempio, le banche spagnole possono essere salvate solo con strumenti considerati poco ortodossi, quali i prestiti a lungo termine. In sostanza, si tratta di una cessione di sovranità delle banche all’Eurotower.
Ci spieghi meglio.
In Spagna, le banche stavano per collassare. Lo Stato, allora, le ha nazionalizzate. A quel punto, l’Europa è dovuta intervenire per salvare lo Stato. Con la vigilanza unificata si salterà un passaggio. La Bce potrà salvare direttamente gli istituti di credito.
E questo non è un bene?
Beh, sì se si considera positivo il tentativo di tenere in vita a tutti i costi dei morti viventi…
Per lo meno possiamo attenderci un calo degli spread?
Sicuramente è una delle tappe delle normalizzazione dei differenziali attraverso il sistema bancario. Ovvero, l’“impronta digitale” dell’impostazione di Draghi.
C’è il rischio che i cittadini europei, nel caso di salvataggio di banche, ci rimettano di tasca loro?
In teoria, la Bce, attraverso l’emissione di credito, produce base monetaria. Si tratta di soldi che non devono rientrare attraverso nuova tassazione. L’espansione del credito, invece, potrebbe determinare, potenzialmente, dei rischi inflattivi. Che, tuttavia, allo stato attuale non ci sono. Casomai, si pone un problema di democrazia.
In che senso?
Un’altra parte fondamentale del nostro tessuto economico finisce sotto il controllo di un’istituzione non democratica. Ora, al vertice, c’è Draghi. Che ci piace, è “dei nostri”. Ma quando il capo della Bce sarà, per esempio, un tedesco, e deciderà di porre obiezioni sull’emissione dei crediti delle nostre banche alle nostre imprese, cosa faremo?
(Paolo Nessi)