Mentre prosegue il pressing su Mario Monti affinché possa accettare di riunire i moderati e “battere la sinistra come nel ‘94”, Silvio Berlusconi dà inizio alla campagna elettorale attaccando “la politica economica del governo dei tecnici” e annunciando di voler abolire a tutti i costi la tassa sulla prima casa. “Ci dicono dall’altra parte che non è una promessa che si può mantenere – ha detto di recente il Cavaliere – ma noi consideriamo la prima casa come qualcosa di sacro, è il pilastro su cui ogni famiglia ha il diritto di costruire la sicurezza del suo futuro. Noi ci impegniamo ad abolire l’Imu, mai più imposte sulla casa”. L’ex premier ha anche fatto sapere di aver già provveduto a creare un disegno di legge attraverso cui poter ricavare in altri modi “la stessa cifra” che l’Imu porta oggi nelle casse dello Stato. C’è invece chi, come Pier Ferdinando Casini, afferma che “se la gente sta pagando l’Imu, se è salassata, la colpa è di chi 4 anni fa per pura scelta demagogica ha tolto l’Ici, creando un buco nelle casse dello Stato anche a rischio di non pagare gli stipendi pubblici”. Abbiamo quindi chiesto a Gianluigi Bizioli, docente di Diritto tributario e tassazione europea presso l’Università di Bergamo, se l’ipotesi prevista da Berlusconi è effettivamente applicabile.



Professore, cosa può dirci?

Prima di tutto è importante sottolineare che stiamo parlando dell’abolizione Imu riguardante esclusivamente la prima casa. Anche lo stesso Berlusconi, infatti, parla di abitazione principale, non di seconde e terze case.

Come avvenne a suo tempo con l’Ici…

L’abolizione dell’Ici sulla prima casa venne stabilita per garantire una maggiore equità tra contribuenti in situazioni diverse, sulla base del principio che la prima casa rappresenta un bisogno essenziale che non produce reddito, se non figurativo. Però, da un punto di vista economico, è indubbio che anche la prima casa sia un bene tassabile, ma è certamente più opportuno ragionare in termini di equità.



Quindi, in teoria, un ragionamento del genere può essere applicato anche all’Imu?

Sì, in teoria un’ipotesi di questo tipo è sostenibile anche oggi. Bisogna però considerare due ulteriori fattori: da un lato il fatto che l’Imu non è un’imposta statale, o meglio non “era” un’imposta statale. L’Imu finanzia i Comuni, quindi, annunciando l’abolizione della tassa sulla prima casa, si vanno di fatto a negare i fondamenti del federalismo fiscale. Nella misura in cui lo Stato decide per i Comuni, infatti, questi non sono liberi di muoversi a piacimento ma dipendono da scelte provenienti dall’alto.



Il secondo fattore da considerare?

Credo sia opportuno chiedersi come mai nel 2011 è stato deciso di introdurre l’Imu anche sulla prima casa. Questo avvenne perché l’Europa, attraverso la famosa lettera della Bce di agosto scorso, ci aveva imposto rigide misure di contingentamento della spesa pubblica. Per cui l’Imu applicata all’abitazione principale non trova ragioni di carattere tributario in senso stretto, ma di bilancio, con l’obiettivo di riequilibrare i conti pubblici. Proprio per questo una parte del gettito va ai Comuni e un’altra allo Stato.

Nel caso in cui l’Imu sulla prima casa venisse abolita, dove sarà possibile trovare quelle risorse che inevitabilmente verrebbero a mancare?

Se il 2013 vedrà una effettiva ripresa dell’economia, l’Imu sulla prima casa potrà anche venire abolita e il gettito potrà rientrare dalle imposte principali. Se invece l’economia rimarrà più o meno stagnante, francamente credo sia improbabile immaginare questa ipotesi. Voglio però ricordare che, anche se è stato previsto un gettito complessivo di almeno 24,1 miliardi, questo non deriverà esclusivamente dalle entrate sull’abitazione principale, quindi le risorse che verrebbero a mancare in caso di abolizione sarebbero significativamente più basse, probabilmente intorno ai 5-8 miliardi di euro. Ciò ovviamente non toglie che stiamo parlando di cifre comunque molto importanti che difficilmente potrebbero essere compensate.

 

(Claudio Perlini)