Come ormai tristemente noto, il governo Monti sta sparando le sue ultime cartucce in fatto di tasse. Con cieca ostinazione, ha seguito il suo “manuale delle giovani marmotte liberiste” e continua a spremere famiglie e imprese, accentuando la recessione e avviandoci verso la depressione. Questo è il piano atroce che hanno in mente: fare in modo, come disse Monti in un convegno un paio di anni fa, che “i politici e i cittadini” possano accettare la perdita di sovranità poiché il “costo politico e psicologico del non fare le riforme sia superiore al costo del farle”. Quindi, c’è un costo psicologico da affibbiare ai cittadini. E quale costo psicologico può essere più efficace di una tassa che si applica a conti correnti, titoli investiti e risparmio?
Ma c’è di peggio. Come ha fatto notare qualcuno, tale legge viola clamorosamente ben due articoli della Costituzione. La prima violazione riguarda l’articolo dove si afferma che la Repubblica tutela il risparmio in tutte le sue forme. E questo prelievo non si capisce come tuteli il risparmio. La seconda violazione riguarda il fatto che le tasse dovrebbero avere un carattere progressivo. Ma il pagamento in ragione del 1 per mille (dal 2013 1,5 per mille) in realtà ha un limite inferiore pari a 34,20 euro: in altre parole, se si hanno diecimila euro di risparmi, il prelievo sarà di 34,20 euro, cioè una tassa pari a 3,42 per mille, in termini percentuali più del doppio rispetto a chi possedesse, per esempio, centomila euro.
Anche se a queste violazioni, nel panorama dei media principali, non è stata data alcuna rilevanza, il problema grave di una simile costante violazione è che sulla pelle dei cittadini rimane la sgradevole sensazione di una realtà politica e istituzionale che vive di una sua forma completamente avulsa dalla realtà. Spesso al tipo umano italiano viene addossata una etichetta: cioè la diffusione di una mentalità e di comportamenti sempre facili all’illegalità. Ma occorrerebbe fare una seria analisi del fenomeno e chiedersi quanto questa mentalità sia stata diffusa e sia conseguenza di un comportamento delle istituzioni che sono le prime a non rispettare le regole che loro stesse si sono date.
Se il professor Monti, circa due anni fa, ha potuto dire tranquillamente in pubblico che per la cessione della sovranità occorre che vi sia un adeguato costo politico e psicologico da far pagare; se recentemente il Governatore della Bce, Mario Draghi, si è permesso di dire che gli Stati si sono accorti tardivamente di aver perso la loro sovranità, e l’hanno persa quando hanno iniziato a indebitarsi, cosa può capire il cittadino? Il cittadino può comprendere l’utilità delle istituzioni di accedere al mercato del credito per sostenere certi investimenti per il bene della collettività. Ma il cittadino non ha mai delegato le istituzioni a indebitarsi per avere il risultato di perdere la propria sovranità. E questo è un punto centrale sul quale pure la faciloneria di Roberto Benigni e del suo spettacolo in tv ha sorvolato rapidamente.
Proprio l’articolo 1 della Costituzione recita che “la sovranità appartiene al popolo”. Al popolo, non al governo, né allo Stato. Lo Stato la amministra per conto del popolo, ma la sovranità appartiene al popolo. Una qualsiasi cessione di sovranità è un abuso: è come se io chiedessi in prestito un’auto a un amico e poi me la rivendessi. Non ne ho il diritto! Solo l’articolo 11 della Costituzione, dove è affermato che l’Italia ripudia la guerra, prevede che si consenta, “in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Ma si tratta chiaramente di una concessione utile ai trattati internazionali, e sempre in condizioni di parità con gli altri stati. Al contrario, la Banca d’Italia (che non è rappresentante dello Stato, essendone un corpo ormai indipendente) all’interno della Bce conta per la propria quota; tale quota differisce da banca centrale a banca centrale, con la Bundesbank che pesa di più, avendo una quota di partecipazione maggiore. E violazioni su violazioni si assommano. In Germania, ogni legge europea viene verificata dalla Corte Costituzionale per verificarne la compatibilità con la Costituzione tedesca; in Italia e negli altri paesi questo non accade: vuol dire che siamo di fatto sotto il regime della Costituzione della Repubblica federale tedesca.
Proprio come reazione a questi continui abusi dello Stato e delle altre istituzioni si stanno moltiplicando partiti e liste che si presenteranno alle prossime elezioni, alle quali è facile prevedere che i partiti tradizionali pagheranno un dazio durissimo, almeno in termini di numero di voti, se non in termini di punti percentuali. Una delle formazioni più interessanti recentemente costituitesi si chiama ListaSI (Lista Siamo Italia), che pone al primo punto il recupero della sovranità nazionale, disconoscendo e rescindendo tutti i trattati che la dovessero violare, e di conseguenza il recupero della sovranità monetaria. La leader di questa lista è Paola Musu, l’avvocato sardo divenuta famosa recentemente per aver presentato una denuncia alla Procura della Repubblica del Tribunale della stessa città nei confronti del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente del Consiglio Mario Monti, di tutti i ministri e di tutti i membri del parlamento per vari reati, tra cui attentato alla Costituzione e attentato agli organi costituzionali.
Il grande seguito che su internet ha avuto la vicenda mostra come questa sia una situazione nella quale ormai molti sono i cittadini che sentono di essere arrivati a un punto di non ritorno. E che tentino comunque la strada democratica del cambiamento, piuttosto che imbracciare fucili o impugnare pistole o molotov, è sicuramente un bel segnale. Ma non per i partiti che hanno sostenuto Monti e il suo governo pasticcione.