L’ennesima mazzata si accinge a scagliarsi sui contribuenti italiani. Pochi giorni ancora, e gran parte delle tredicesime andranno in fumo per il pagamento dell’ultima rata dell’Imu, il famigerato conguaglio. C’era la possibilità di mantenere le aliquote indicate dallo Stato invariate o, addirittura, di abbassarle; ovviamente, l’hanno alzata praticamente tutti. «La stragrande maggioranza dei comuni le ha aumentate, rispetto alla percentuale di propria competenza. Abbiamo recepito 7900 delibere e regolamenti comunali che lo attestano. Quelli che le hanno ridotte e lasciate invariate sono pochissimi», afferma a ilSussidiario.net Valeriano Canepari, presidente del Caf della Cisl e coordinatore nazionale della Consulta dei Caf. «Il braccio di ferro tra i comuni e lo Stato per l’attribuzione dei fondi è evidente. Oltre ai tagli, anch’essi sono penalizzati dall’assenza di crescita. Le loro entrate, in particolare, sono ridotte perché l’edilizia è ferma. Non provengono soldi, quindi, dalle concessioni edilizie. Tutto questo li sta mettendo in tensione e sta facendo sì che sì che vengano aumentate le aliquote». In ogni caso, cosa è bene che il cittadino sappia, onde evitare di incappare in tragici errori? Ce lo spiega Franco Galvanini, responsabile dell’area fiscale del Caf Cisl. 



«La prima rata andava pagata entro il 18 di giugno, la seconda, il conguaglio, andrà pagata entro il 17 dicembre. Per chi ha optato per tre rate, la seconda era da pagare entro il 17 settembre».

«Il contribuente, anzitutto, deve preoccuparsi di verificare le aliquote deliberate dal Comune. In sede di acconto, infatti, si sono applicate le aliquote base, pari allo 0,4 per cento per l’abitazione principale e allo 0,76 per le seconde case. Successivamente, i Comuni le hanno modificate con un margine di discrezionalità pari allo 0,2 per cento, al rialzo o al ribasso».



«Per conoscere l’aliquota del conguaglio è possibile recarsi presso gli uffici del Comune in cui si trova l’abitazione soggetta a imposta, oppure visitare il suo sito internet. Infine, è possibile visitare il sito internet del Dipartimento delle Finanze che pubblica le delibere trasmesse dai Comuni. Quest’ultimo, tuttavia, non è completamente aggiornato perché alcune amministrazioni non hanno ancora inviato la documentazione necessaria».

«Se il comune avrà mantenuto l’aliquota invariata, il contribuente non dovrà fare altro che copiare il primo bollettino, dato che il saldo corrisponderà all’acconto. Se ci sono state della variazioni sarà necessario, anzitutto, calcolare la base imponibile, che corrisponde alla rendita catastale rivalutata dal 5% e moltiplicata, (per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7) per un coefficiente pari a 160. Su questa base si applicherà l’aliquota fissata. A quel punto, il conguaglio corrisponderà all’imposta totale (calcolata sulla base dell’aliquota aggiornata) meno quanto è stato pagato in sede di acconto.  Per compiere questi calcoli, la stragrande maggioranza dei cittadini si appoggia ai Caf (ad oggi abbiamo assistito circa 12 milioni di contribuenti) o ai commercialisti».



 «E’ possibile pagare sia con il bollettino postale che con il modulo F24. Sono entrambi reperibili in posta. L’F24 anche in banca. Molti contribuenti, inoltre,  hanno optato per il pagamento online, attraverso il proprio home banking».

 «Nel caso dell’abitazione principale è possibile detrarre 50 euro per ciascun figlio di età inferiore ai 26 anni che risiede e vive nell’abitazione principale con i genitori. Ovviamente, in sede di saldo, la quota corrisponderà alla metà di quanto versato in sede di acconto (un terzo se si è optato per tre rate)».

 «Tra il primo e il quindicesimo giorno, il contribuente matura una sanzione pari allo 0,2 per cento al giorno; tra il 16esimo e il 30esimo paga il 3%. Oltre, paga il 3,75 per cento se si ravvede entro un anno dalla scadenza del pagamento Dopo di che, la sanzione corrisponde al 30% dell’importo».

 

(Paolo Nessi)