I bagnini battono Monti. Ieri è stata una giornata storica: la Costituzione è stata cambiata. L’articolo uno d’ora in poi reciterà così: “L’Italia è una Repubblica fondata sui bagnini”. O per lo meno sulle lobby dei bagnini: sono riuscite a far cambiare un disegno legge che voleva mettere all’asta le concessioni demaniali sulle spiagge, introducendo così un principio di mercato anche in un settore da sempre caratterizzato da una gestione opaca, e incassando anche un bel po’ di euro, necessari in questa fase di dieta finanziaria imposta a tutto il Paese. La misura era anche caldeggiata dalla Commissione europea, che vede nell’attuale regime sulle concessioni balneari la solita italianata tesa a conservare i privilegi di pochi, quelli di sempre, a scapito di nuovi protagonisti e, soprattutto, dei consumatori. Ma il piano voluto dal governo è stato battuto ieri alla Camera che ha rinnovato le concessioni ora esistenti fino al 2020. È vero che i lobbisti avrebbero voluto una proroga più lunga, di trent’anni, ma non ci sono riusciti. Però ora possono stare tranquilli che nessuno li toccherà per un buon periodo: otto anni sono lunghi, poi si vedrà.
Passera e la Fiat. Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, finora presente con insostenibile leggerezza su tutti i grandi problemi industriali del Paese, sembra voler cambiare registro. Ha dichiarato, a muso duro, che il comportamento della Fiat non gli piace: “Non sembra determinata a fare investimenti”. È un concetto che più o meno tutti, dai sindacati ai giornalisti, sostengono da quando Sergio Marchionne ha annunciato che il progetto Fabbrica Italia era un pesce d’aprile. In realtà, non è proprio così: la Fiat è assolutamente determinata in qualcosa, cioè ad andarsene dall’Italia, o per lo meno a rendere marginale la sua presenza nel nostro Paese. Lo dimostra lo spostamento della sede di Fiat Industrial in Olanda e la prossima fusione di Fiat Auto con Chrysler, che sposterà l’asse del gruppo verso Detroit. Quindi una determinazione c’è. E si sarà radicata ancora di più se ieri sera qualcuno dei vertici Fiat avrà sentito parlare all’Infedele di Gad Lerner il capo della Fiom, Maurizio Landini, che chiedeva a gran voce al prossimo governo di centrosinistra di regolamentare per legge la presenza dei sindacati (dando praticamente un potere di veto alla Cgil), di introdurre una patrimoniale e un prestito forzoso. Tira aria di Unione Sovietica e chi può se ne va.
Il crollo e Vendola. È un 1929, un grande crollo quello che si è abbattuto sulla casa in Italia. Secondo i dati resi noti ieri dall’Ance, l’associazione dei costruttori, da quando è iniziata la crisi nel 2008 il settore delle costruzioni ha perso circa 360 mila posti di lavoro; il suo giro d’affari è caduto ai livelli di 40 anni fa. E non solo. Le compravendite immobiliari hanno una meteo analoga: nei primi nove mesi dell’anno segnano un -23,9% e la tendenza è indicata come negativa anche per il 2013. Crisi nera e senza spiragli di uscita dal tunnel. Sarà interessante vedere come farà il prossimo governo guidato (secondo i sondaggi) da Pierluigi Bersani che, su suggerimento di Nichi Vendola, ha in mente di tassare ancora di più i beni (o le fortune) immobiliari. Un’altra imposta sulle case deprimerà ancora di più lo scenario, spingerà alla fuga dal mattone deprimendo le quotazioni. In poche parole distruggerà ricchezza. Attività che la sinistra ha sempre segretamente amato.
Ambrogino. Giuliano Pisapia ha deciso che assegnerà l’Ambrogino d’oro ai tre dipendenti di aziende fornitrici delle Ferrovie che, l’inverno scorso, hanno occupato per molti giorni una torre della Stazione Centrale di Milano. Protestavano contro i tagli dei treni notturni alla cui manutenzione lavoravano. Al momento della cerimonia ufficiale, il sindaco di Milano potrebbe approfittare per chiedere ai tre premiati se fino a qualche anno fa, quando le cose andavano bene, anche loro erano fra quelli che nel pieno della stagione estiva decidevano scioperi selvaggi, creando disagi fra i viaggiatori italiani e stranieri e danneggiando un Paese a vocazione turistica come l’Italia.
Ingroia alla Berlusconi. “Una sentenza già scritta per ragioni politiche”. Chi ha detto queste parole? Silvio Berlusconi, commentando una decisione delle (da lui) tanto odiate toghe rosse? No. È stato Antonio Ingroia, ex Procuratore aggiunto di Palermo e ora in Guatemala come capo dell’Unità di investigazione della Commissione internazionale contro l’impunità, organismo delle Nazioni Unite. Ce l’aveva con i giudici della Consulta che hanno dato ragione al Presidente della Repubblica sulle intercettazioni delle telefonate con l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino. Quei nastri vanno distrutti, ha sentenziato la Corte. Indispettendo Ingroia.