Il 26 luglio scorso Mario Draghi annunciò per la prima volta, parlando da Londra, che la Bce avrebbe fatto tutto il necessario per salvaguardare l’euro, nell’ambito del suo mandato. Secondo Luigi Campiglio, professore di Economia politica presso l’Università Cattolica di Milano, contattato da IlSussidiario.net, sono state proprio quelle parole a segnare un vero punto di svolta che ha condotto fino a veder scendere lo spread sotto i 300 punti base: «Quella dichiarazione ha fatto certamente la differenza, ma non in modo definitivo», aggiunge.
Cos’è accaduto ancora?
In particolare due cose: oltre a una sostanziale operatività del meccanismo di stabilità, inopinatamente sia la Merkel che il ministro delle finanze tedesco, Schäuble, hanno affermato pubblicamente e chiaramente che un’eventuale uscita della Grecia rappresenterebbe per tutta l’area euro e per la stessa Germania un vero e proprio disastro. Dall’altra parte, invece, la Grecia sta portando avanti il piano di risanamento attraverso l’acquisto dei propri titoli con la cosiddetta operazione “buyback”. Tutti questi aspetti producono un inevitabile abbassamento generalizzato dei differenziali, al cui interno per fortuna ci siamo anche noi.
Secondo il ministro Grilli, la riduzione degli spread è la conseguenza positiva del rispetto degli impegni che Italia ed Europa si sono assunte nei mesi scorsi. E’ davvero così?
Vorrei ricordare innanzitutto che in passato la Bce chiese all’Italia la liberalizzazione del mercato del lavoro. In sostanza chiese regole più flessibili in uscita per favorire l’entrata dei giovani. Senza entrare nel merito della questione, di cui si potrebbe parlare all’infinito, bisogna dire che in realtà l’Italia ha avuto come unico compito quello di rassicurare i creditori esteri sul fatto che i bond sarebbero stati pagati.
Come mai sta dicendo questo?
Perché vorrei far notare che il più grande smobilizzo di bond italiani avvenuto negli ultimi 5 anni è stato registrato nel corso dell’estate, quindi ben dopo l’attuazione della riforma del lavoro, delle pensioni e così via. Se il governo avesse fatto davvero bene i suoi compiti, allora il ministro Grilli dovrebbe spiegarci come mai è avvenuta questa vera e propria fuga dai bond italiani durante i mesi estivi e nel primo autunno.
Ce lo spieghi lei.
Qualcuno potrebbe pensare che la situazione sia migliorata solamente grazie all’intervento europeo. Il nostro Paese ha bisogno di svilupparsi, di innovarsi e di guardare al futuro, ma sembra che invece si stia guardando solamente al passato. E fare così, per l’appunto, significa guardare solamente agli interessi dei creditori: non dico che non bisogna pagare i debiti, ma pensare solo a questo vuol dire frenare in ogni modo la crescita del Paese, come infatti sta avvenendo.
Monti ha detto invece che la vera soddisfazione del Governo sarebbe vedere lo spread a 287 punti. Cosa ne pensa?
Sono in molti a credere che uno spread tra Italia e Germania a quota 280 punti rappresenti uno straordinario risultato. Una cosa del genere, va detto, non avverrebbe negli Stati Uniti: ad esempio, in California non si celebrerebbe um risultato simile rispetto allo stato di New York. L’analogia con gli Stati Uniti vale però fino a un certo punto, perché negli Usa i tassi tra i vari Stati non hanno questi differenziali.
Nel 2008 i Btp decennali italiani offrivano un rendimento superiore al 5%, mentre nei giorni scorsi pagavano il 4,43%. Come mai però il livello di allarme resta ancora alto oggi?
Cinque anni fa la situazione era molto diversa e i tassi di interesse sui titoli non rappresentavano ancora una situazione di oggettiva prosecuzione dell’indebolimento dell’area euro. E’ quindi opportuno sottolineare che il ritorno alla normalità non si raggiunge con uno spread a 287 punti, ma nel momento in cui i tassi in tutta l’area euro si stabilizzano a livelli sostanzialmente equilibrati.
Alla chiusura dei mercati i Bund tedeschi dovevano garantire l’1,41% per trovare un compratore, mentre nell’estate del 2008 Berlino doveva pagare il 4,39%. Come mai la riduzione in Germania è stata così evidente?
Questo è un dato oramai noto ed entrato quasi nella normalità. La domanda di Bund tedeschi è stata talmente forte che i tassi sono letteralmente crollati, ma adesso si sta verificando una situazione paradossale che probabilmente verrà fuori tra poco.
Quale?
Arrivati a questo punto avere Bund tedeschi significa praticamente andare in perdita. Allora mi chiedo: invece che perdere soldi con i Bund tedeschi non conviene tenersi la liquidità, aspettare le reazioni e vedere come andrà? Tra l’altro stiamo parlando di una situazione delicata che rischia di ritorcersi contro l’area euro. I rendimenti dei Bund sono crollati, quindi probabilmente da qui al periodo successivo alle elezioni tedesche sarebbe meglio stare un po’ più liquidi. Certo, farlo significa anche non avere rendimenti, questo è vero, ma significa anche non avere perdite.
(Claudio Perlini)