La Commissione Ue intende proporre un contratto con tutti i singoli Stati membri per stabilire le misure, le riforme e i mezzi per applicarle. E’ quanto è contenuto nella bozza di conclusioni del vertice dell’Unione Europea che si terrà il 13 e il 14 dicembre. Ilsussidiario.net ha intervistato Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università Cattolica di Milano.



Professor Borghi, che cosa ne pensa del “contratto” Ue sulle riforme?

E’ un disegno che rientra nella serie di eccezioni di sovranità a senso unico che abbiamo già visto. Quando si è trattato di approvare il fiscal compact, la Germania ha chiesto alla sua Corte costituzionale di esprimersi, e quest’ultima ha dichiarato che non si faceva nulla senza Bundesbank. Ora invece con questa nuova norma il risultato sarà che qualsiasi governo sia eletto sarà perfettamente inutile, perché alla fine le decisioni saranno vincolate agli impegni presi con Bruxelles. Un contratto di questo tipo non esiste neanche nei rapporti tra Regioni e Stato centrale.



La proposta della Commissione Ue quindi la stupisce?

Non mi stupisce perché abbiamo già avuto a che fare con un’impudenza assolutamente trabordante. D’altra parte troverei a dir poco curioso se noi acconsentissimo a ciò.

Per quale motivo?

L’articolo 11 della nostra Costituzione parla chiaro, in quanto vi si afferma che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. Nella bozza della Commissione Ue io non trovo affatto che ci sia questa condizione di parità nel processo che sarebbe messo in atto. Si tratta di una costrizione violenta, imposta da parte di alcuni Stati nei confronti di altri. Lo stesso fiscal compact è chiaramente imposto in condizioni di disparità.



In che senso?

Sappiamo benissimo che il debito pubblico esplicito dell’Italia supera quello di qualsiasi altro Paese. Gli altri hanno debiti privati, debito pubblico nascosto in Casse depositi e prestiti, istituti bancari assolutamente decotti e tenuti in piedi soltanto con il sostegno del governo, ma tutto ciò non rientra nei parametri presi in considerazione per il fiscal compact, che invece danneggia solo noi. La bozza della Commissione Ue non è quindi affatto ammissibile ai sensi della nostra Costituzione.

Si aspetta quindi un giudizio contrario della nostra Corte costituzionale?

La nostra Corte costituzionale scatta come un furetto per il lodo Alfano, e d’altra parte quando si va a cedere la sovranità nazionale sono tutti d’accordo. Ci vorrebbe invece una procedura, il trattato andrebbe impugnato da parte di un organo istituzionale e passato quindi alla Corte costituzionale.

 

La stessa bozza di conclusioni sottolinea che “per rompere il circolo vizioso tra banche e debiti sovrani la Ue deve approvare entro marzo 2013 il fondo per la risoluzione bancaria e lo schema di garanzia dei depositi”. Che cosa ne pensa di questa affermazione?

 

Le banche che devono essere ricapitalizzate sono sempre quelle degli altri. L’Italia alimenta il Fondo salva-stati, che poi è utilizzato per aiutare le banche tedesche e spagnole, il cui passivo costituisce la parte di debito pubblico che gli altri non evidenziano. Non abbiamo quindi nessuna convenienza in tutto ciò. In pratica stiamo pagando l’uscita delle banche nazionali dai loro crediti azzardati.

 

Intende dire che questi istituti di credito andrebbero fatti fallire? 

 

No, ma dovrebbe esserci una banca centrale che gestisce la garanzia dei depositi per evitare la corsa agli sportelli e altri fenomeni simili. Il problema è il fatto di socializzare le perdite legate ai presti imprudenti del sistema bancario europeo, e non del nostro: dobbiamo farci carico di una buona fetta di queste perdite, pur non avendo mai effettuato del credito imprudente. Le uniche difficoltà con cui si sono andate a confrontare le nostre banche sono legate al fatto che erano andate a comprare debito pubblico, e in teoria il debito pubblico doveva essere considerato a rischio zero. Dal punto di vista dell’Italia è come il cane che si morde la coda, non ha senso salvare le banche e non il debito, le due cose devono andare di pari passo.

 

(Pietro Vernizzi)

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