Il disavanzo eccessivo dell’Italia “renderebbe obbligatoria una manovra immediata per il governo subentrante”. E’ quanto afferma il IX Rapporto sull’andamento della finanza pubblica, elaborato da Nens (Nuova economia e società), l’associazione fondata da Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco. Dalle rilevazioni emerge che l’avanzo primario per il 2012 peggiorerebbe, scendendo dal 2,9% del Pil previsto dal governo, al 2,4-2,6%. Mentre l’indebitamento netto salirebbe dal 2,6% al 2,9-3,1%. Ilsussidiario.net ha intervistato l’ex ministro delle Finanze, Francesco Forte.
Professor Forte, davvero con la nuova legislatura sarà necessaria una nuova manovra correttiva?
Ritengo che quello di Nens sia un ragionamento abbastanza irrilevante, e che indica in realtà il desiderio di far crescere le imposte per aumentare le spese. In primo luogo è difficile fare delle previsioni con un margine di incertezza dello 0,2%, come fa Nens. I dati del Rapporto, inoltre, differiscono da quelli del governo dello 0,3%, che corrispondono a circa 4 miliardi di euro. Fare una manovra correttiva per questa somma può nascondere una sola intenzione, quella di aumentare le imposte.
Per quale motivo?
Se così non fosse sarebbero sufficienti delle operazioni nel campo della spesa di ordinaria amministrazione, limando i trasferimenti e altre voci in uscita. Annunciare fin da ora una manovra correttiva mi sembra una pura follia. Già abbiamo una depressione del mercato edilizio in quanto si paventa la patrimoniale da parte di un eventuale governo di centrosinistra. Se poi fanno anche una nuova manovra correttiva, significa che ci dobbiamo aspettare un governo fiscalista. Il vero problema dell’Italia in relazione al debito pubblico non è quello di introdurre una nuova manovra, ma di alienare i beni pubblici per ridurre il rapporto debito-Pil e stimolare la crescita.
Quale sarebbe il significato politico della finanziaria preannunciata da Nens?
Dietro a una nuova manovra può esserci una sola giustificazione politica, cioè l’idea di cercare di mostrarsi ancora più inflessibili del governo Monti, allo scopo di dare una patente di rigore internazionale a Bersani. Un risultato di immagine, per nascondere il tentativo di conciliare uno Stato sociale che mantiene una serie di promesse elettorali e retrocede su certi tagli introdotti nell’ultimo anno da Monti. Non dimentichiamoci che se la congiuntura migliora, diminuisce lo spread sui tassi d’interesse facendo risparmiare all’Italia alcuni miliardi. Ciò vale anche per i finanziamenti degli enti locali e per qualsiasi altra attività.
Bersani vuole già mettere le mani avanti in vista di una sua nomina a capo del governo, scaricando la responsabilità del peggioramento su Monti?
Questo è abbastanza evidente, ma la motivazione profonda è un’altra. Siccome il centrosinistra vuole mantenere una serie di spese sociali, annuncia fin da ora una manovra correttiva lasciando intendere che l’attuale governo non starebbe facendo abbastanza. In questo modo fanno cassa, allo scopo di mantenere le loro promesse elettorali nel campo della spesa pubblica. In pratica danno la colpa al governo attuale per giustificare una politica tradizionale di sinistra di aumento della spesa.
Quali maggiori spese ha in mente il Pd?
Con un eventuale governo di centrosinistra, le spese aumenteranno soprattutto nel settore pensionistico e nella sanità, oltre che forse nel trasferimento agli enti locali, dal momento che il suo potere è ampiamente nella finanza locale.
Il Pd ha in mente una nuova riforma delle pensioni?
Non sarà una nuova riforma, ma degli interventi per limare singoli aspetti, come degli aumenti per venire incontro agli esodati. Si vogliono insomma concedere nuove deroghe e addolcire la pillola, come ha proposto l’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano.
Quali saranno invece le nuove tasse?
Come annunciato di recente, è possibile che il centrosinistra intenda introdurre una patrimoniale. L’alternativa può essere rappresentata da un aumento delle imposte personali sul reddito, in particolare per le fasce medio-alte, e da tributi straordinari sui ricchi e sulle cosiddette “grandi fortune”, che poi in realtà sono un modo per tassare il ceto medio.
(Pietro Vernizzi)