Addio Monti. Il finto pretesto è ridicolo: la frase di Corrado Passera sull’inopportunità del ritorno in campo di Silvio Berlusconi. Il vero pretesto spregevole: la volontà di boicottare le cosiddette liste pulite, vale a dire il disegno di legge del governo sull’incandidabilità dei condannati. Sono però, appunto, pretesti usati per mascherare una decisione che il Cavaliere aveva già comunque preso: aspettava ad annunciarla che si esaurisse l’attenzione mediatica suscitata dalla primarie del centrosinistra, così forte da far passare in secondo piano ogni altra iniziativa politica. Ora i fari sul confronto Bersani-Renzi si sono spenti, e la miccia del ritorno di Berlusconi si può accendere. Per vedere quali effetti farà la deflagrazione, basterà aspettare pochi giorni. I primi segnali ci sono già stati. Il brusco aumento dello spread, dopo giorni di graduale e costante discesa, è un’indicazione che i mercati internazionali sentono odore di bruciato e, soprattutto, si preparano a un periodo di grande incertezza reagendo di conseguenza. Anche la Borsa sembra non aver gradito. Piazza Affari, ridotta ormai a entità lillipuziana, non è molto significativa e i suoi giudizi non vanno presi troppo sul serio: comunque ha detto di non aver gradito ed è stata l’unica Borsa con segno negativo in un’Europa dove invece i listini hanno mostrato di essere ancora in buona forma. Certo la mossa dell’ex premier apre una porta sul buio. Ma siamo davvero convinti, come sostengono anche molti commentatori – i più – oggi sui quotidiani, che si spalanchi su un baratro dove l’Italia rischia di sprofondare? Si sapeva che, prima o poi, si sarebbe dovuto bere questo calice. Guardiamo solo quanto è successo negli ultimi giorni con il governo sempre in affanno, incapace di far passare qualsiasi misura, anche quelle concordate in precedenza con la sua strana maggioranza. Mercoledì, tanto per citare un esempio, non è riuscito neppure a fare approvare la norma sulla messa all’asta delle concessioni delle spiagge (fortemente voluta anche da Bruxelles) e ha dovuto accordare alle lobby dei bagnini una proroga di cinque anni. Insomma il governo non riesce più a governare; in America lo si definirebbe “un’anatra Zoppa”.
Lo spartiacque sono state le primarie. Da quando, con il secondo turno, gli elettori del centrosinistra hanno scelto il loro candidato, si è di fatto aperta la campagna elettorale. La sinistra, indicata da tutti i sondaggi come vincitrice quasi certa delle prossime consultazioni, ora deve solo mettere a punto la sua strategia, soprattutto in materia di alleanze. Dall’altra parte, centro e soprattutto centrodestra, c’è invece la confusione più totale. Il centro si accorto di non poter contare su cavalli di razza, ma su figure di secondo piano con un elettorato potenziale in incessabile evaporazione; il centrodestra è pieno di colonnelli e ausiliarie di nessuna o scarsissima consistenza, tutti comunque in attesa di un’investitura da parte del fondatore, che resta anche il padrone dell’azienda. E il padrone, come ci si poteva aspettare, ha ripetuto il suo “ghe pensi mi”. E ora si balla. Il Pdl ha comunque detto che garantirà l’appoggio parlamentare necessario a far passare la legge di stabilità, la più importante dal punto di vista economico e senza la quale i mercati davvero darebbero il pollice verso all’Italia. Per il resto liberi tutti.
È uno scenario che ci si aspettava per il prossimo febbraio, quando ancora si riteneva possibile che il governo di Mario Monti reggesse sino alla fine della legislatura. Non è così e tutto è stato anticipato di un paio di mesi. Sarà caos, certamente; i mercati saranno nervosi; i giornali anglosassoni richiameranno in servizio le Cassandre; le agenzie di rating faranno gli straordinari (per fortuna contano sempre meno), e avanti così. Ma ripeto: tutto questo sarebbe comunque successo, identico anche con una scadenza spostata in là, all’inizio del 2013.
Le elezioni si faranno molto probabilmente prima del previsto e con il vecchio Porcellum, come nei desideri di Berlusconi (che potrà candidare persino i camerieri) e di Bersani (che si farà una squadra di pretoriani usi a obbedir tacendo). La sinistra vincerà, ma non è detto che riuscirà a portare a casa un numero di parlamentari tale da far scattare il premio di maggioranza; così nessuno può scommettere che reggerà per tutta la legislatura. E allora ecco di nuovo instabilità, incertezza: proprio quello che i mercati temono di più. Comunque il Paese deve passare sotto queste forche caudine ed è meglio che le affronti il più presto possibile. Rimandarle non risolve assolutamente i problemi che ci hanno portati in questa non invidiabile situazione. Anzi, li acuisce.
Telecom senza linea. Come si diceva già ieri, la Telecom sta diventando un caso imbarazzante. La mancanza di strategia della società di telecomunicazioni è ormai evidente. Ieri, dopo un consiglio di amministrazione durato sette ore, si è deciso di dire di no all’offerta di Naguib Sawiris (era scontato) e per il resto si è rimandata qualsiasi decisione. Sull’annosa questione della separazione della rete ancora una volta si è dato mandato ai vertici di studiare…ecc. Anche sulla vicenda della vendita di TiMedia, la società che controlla la7, ancora tutto rinviato ancora valutazioni da approfondire, offerte da vagliare… Guardando il comunicato diramato dopo il consiglio di ieri, sembra di leggere le dichiarazioni di qualcuno dei nostri politici, sceglietene voi uno a caso, sono identici nella loro inconcludenza. Bisogna che gli azionisti prendano delle decisioni sulla governance di questa azienda.
Deutsche? No, ellenica. Non neghiamolo: ha fatto un certo piacere leggere che la Deutsche Bank, banca tedesca al primo posto in Europa, quella che nell’estate 2011 ha dato l’avvio alla speculazione contro l’Italia mettendo in vendita miliardi di titoli del Tesoro, ora sia nei guai. È colpita da un’accusa grave: aver nascosto perdite sui derivati per 12 miliardi. Se le avesse palesate, avrebbe dovuto essere salvata dal fallimento da governo di Berlino, dalla Cancelliera Angela Merkel, che probabilmente avrebbe poi tenuto un atteggiamento molto diverso nei confronti del cattivi d’Europa, come Grecia, Italia, Spagna, visto che la sua prima banca si è comportata esattamente come fece il governo di Atene quando truccò i conti per entrare nell’euro.
Ricordare Orvieto. Il sindaco di Orvieto, Toni Concina, ha scritto questa lettera a Giganomics, dopo l’alluvione che ha colpito la sua città.
«E purtroppo, passata l’alluvione del 12 e del 13, questo non fa più notizia. La preghiera del Sindaco alluvionato è invece quella di darmi una mano per aiutare non tanto le persone fisiche (grazie a Dio, siamo riusciti a evitare morti e feriti, “notizia?”), ma per aiutare tutte le aziende, piccole e grandi del territorio sotto alla Rupe, soprattutto nella zona di Orvieto Scalo e dintorni, dove (per inciso) le automobili sommerse sono centinaia. Tutte, ripeto tutte queste aziende, hanno perso tutto, merci, magazzini e infrastrutture.
E Orvieto è in ginocchio! Ma la voglia di ripartire è grande. Come il coraggio e la speranza di farcela. Cosa ti chiedo? Solo di parlare di Orvieto e di questa tragedia, ogni volta che si può. Non ci sono morti e la gente (vecchia stirpe etrusca) ha poca voglia di piangere davanti alle telecamere (“Cosa ha provato quando ha visto tutti i suoi beni distrutti” e simili, stucchevoli domande). Ti chiedo di dire che gli orvietani non si aspettano elemosine o di essere compatiti. Vorrebbero che, se possibile, qualcuno pianificasse una gita qui, una cena qui, una notte qui, un acquisto qui. Perché la voglia di ripartire è grande. Non ci sono morti, ma c’è una stupenda città ferita».