Quelli della Commissione Ue si sono messi a lavoro di buona lena ma con la luna storta; lanciando epiteti a destra e a manca ci fanno sapere alcuni importanti dati. Nel mese di novembre, l’indice di fiducia dei consumatori dell’Eurozona è sceso a -26,9 dai -25,7 punti di ottobre. Pure l’indice di fiducia delle imprese del settore delle costruzioni dell’Eurozona è peggiorata a -35,5 da -32,9 di ottobre. L’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane a novembre scende a 76,4 da 77,1. Nel mese di novembre, l’indice di fiducia del settore industriale dell’Eurozona è salito a -15,1 da -18,3 di ottobre.



Nel mese di novembre, l’indice sul clima degli affari nell’Eurozona è salito a -1,19 da -1,61 di ottobre. Nel mese di novembre l’Economic Sentiment (una proxy dell’indice di fiducia) dell’Eurozona è salito a 85,7 da 84,3 punti di ottobre. Nel mese di novembre l’indice di fiducia del settore del commercio al dettaglio dell’Eurozona è salito a -14,9 da -17,4 di ottobre



Questi i dati sulla crisi che mette in crisi l’Eurozona. Ah, dimenticavo, della fiducia dagli Stati affetti da spending review manco a parlarne.

Non paghi quelli di Eurostat ci rammentano come in Europa già 119,6 milioni di persone erano minacciate di povertà o di esclusione sociale nel 2011: ossia il 24,2% della popolazione contro il 23,4% nel 2010 e il 23,5% nel 2008.  Fra le “privazioni importanti”, quei grandissimi statistici annoverano “la difficoltà a pagare affitto, a riscaldarsi, ad acquistare carne” e “le limitate risorse familiari da lavoro”.

La fiducia, insomma, quella dei consumatori, dei costruttori, di quelli del settore industriale, dei commercianti si mostra strutturalmente frustrata pur lasciando intravvedere qualche soprassalto congiunturale. Sì, quelli della spesa aggregata non spendono, la crescita non cresce. Sissignori, questa la crescita orfana del debito! Già, come si fa allora la crescita quando il credito, per fare ancora debito, si mostra inattingibile? Come si fa a fornire nuovo vigore a quella spesa aggregata?



Beh, ai produttori toccherebbe smaltire il già prodotto e così dover spendere per riprodurre; ai commercianti vendere per poter spendere e riacquistare merce da vendere; agli stati toccherebbe trovare entrate fiscali per poter fare spesa pubblica. Acciocché tutto questo avvenga, pure i consumatori dovrebbero poter spendere, così smaltire le scorte delle imprese, svuotare i magazzini dei negozi, rifocillare il fisco.

Per farlo occorre disporre di reddito sufficiente, non “le limitate risorse familiari da lavoro”. E allora? Allora tocca andare al mercato, un mercato efficiente, per fare offerta dell’unica merce scarsa: la domanda. Acquistata da chi ha necessità di vendere, rifocillerà chi ha la vocazione a spendere, affinché spenda: tutto qui!