Ha promesso, in sostanza, che ben presto andrà a stanarli uno per uno; e quei 120 miliardi di evasione e 250 di sommerso prodotti annualmente, inizieranno a ridursi drasticamente fino a diventare storia passata. Attilio Befera, Direttore delle Agenzie delle entrate, ha dichiarato agli evasori fiscali lotta senza quartiere. E, da primavera, lui e 30mila collaboratori, daranno vita al più grande piano di anti-evasione della storia repubblicana, costituito da controlli sulle dichiarazioni dei redditi, verifiche incrociate e blitz in località sospette. Del resto, assicura, i dati informatici a disposizione sono tanti e tali da consentire di ricostruire l’identikit contributivo di chiunque. Nessuno può più ritenersi al sicuro.



Al di là dei risultati effettivamente ottenuti o che si potranno, da qui a breve, ottenere, alcuni benefici effetti, questo governo già li ha prodotti. «Si sta determinando, dopo tanti anni, la riaffermazione della credibilità del governo. Qualcosa del genere, sul fronte della lotta all’evasione fiscale, era accaduta ai tempi del secondo governo Prodi, quando l’allora ministro Vincenzo Visco mise a punto delle misure che, effettivamente, avrebbero contribuito a snidare gli evasori», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net, Gilberto Muraro professore di Scienza delle finanze presso l’Università di Padova. Poi, come è noto, venne Tremonti e obliterò tali misure. «Avrebbero fatto calare rapidamente il consenso del governo Berlusconi. Tuttavia, sul finire del proprio mandato, prevalentemente per esigenze di bilancio, fu costretto a tornare sui suoi passi. Ripristinando, ad esempio, il principio in base al quale occorre abbassare il più possibile la soglia entro la quale i pagamenti in contanti sono leciti».  



La conseguenza più rilevante della politica del governo Monti, tuttavia, è in termini, per così dire, culturali. «È in corso il cambiamento della mentalità dei cittadini» dice Muraro. «Stiamo assistendo – continua – alla modifica, su larga scala, di un certo modo di sentire. L’evasore non è più ritenuto l’attore di furbe prodezze in grado di avere la meglio sullo Stato; ma, semplicemente, un imbroglione, le cui mascalzonate danneggiano la collettività». Una metamorfosi a cui non sono estranee alcune efficaci tecniche comunicative messe a punto per instillare scientemente un modo di percepire. Campagne stampa martellanti. E alcuni blitz dal grande impatto mediatico, ritenuti da molti decisamente sproporzionati. «Episodi come quelli di Cortina o Portofino, effettivamente, nascondono svariati rischi. A partire dal populismo: un sentimento pericoloso che, benché l’intenzione di Befera sia, probabilmente, quella di sfruttarlo ai fini della lotta all’evasione, non può che rivelarsi, specie in questa fase storica, un’arma a doppio taglio». 



Secondo il professore, oltre al danno per l’economia di questi luoghi, le criticità maggiori risiedono nello stesso metodo adottato nel compiere i controlli. «Come già ebbi a dire su queste pagine, il problema consiste nel controllo del controllore. Ovvero: se chi stabilisce dove effettuare i controlli può farlo in misura sempre più discrezionale, chi potrà impedire pericolose commistioni tra chi è preposto alla verifica e chi è disposto a sborsare qualunque cifra pur di passare le ispezioni con il massimo dei voti?». Quindi? «Occorre individuare, mediante studi ed elaborazioni, i criteri con i quali stabilire su quale campioni effettuare i dovuti accertamenti. Deliberando, ad esempio, che tanto più una certa categoria è a rischio evasione, tanto più numerosi dovranno essere gli accertamenti». A scanso di equivoci, sarà necessaria un’ulteriore accortezza: «Una volta sanciti i criteri suddetti, si dovrà procedere estraendo a sorte i privati cittadini o le imprese sui quali l’Agenzia delle Entrare farà i propri esami».