Dopo il voto del Parlamento arrivato domenica, la situazione della Grecia è tutt’altro che tornata alla normalità. Le proteste contro le misure di austerità imposte dalla troika Fmi-Ue-Bce stanno proseguendo e toccherà ora all’Eurogruppo di domani sbloccare i nuovi prestiti che Atene attende per ripagare i suoi debiti e scongiurare così il fallimento. «Anche se – ci spiega l’economista Marco Fortis, Vicepresidente della Fondazione Edison – abbiamo tirato un sospiro di sollievo con il voto parlamentare, la situazione della Grecia rimane estremamente complicata. Se il prestito ad Atene venisse concesso, infatti, i problemi non sarebbero totalmente risolti».



Perché?

Perché il Paese ha un debito altissimo, non facile da ricondurre sotto controllo, e, soprattutto, un Pil che, per effetto delle stesse misure di austerità, probabilmente nel 2012 andrà in picchiata più di quanto non abbia già fatto nel 2011.

A questo punto non sarebbe meglio, come sostengono anche alcuni greci che protestano contro le misure di austerità imposte, un default della Grecia con la sua uscita dall’euro?



Meglio non farsi illusioni. Se tornasse la dracma, essa si svaluterebbe immediatamente di molto. Si potrebbe anche pensare che così sarà più facile esportare. Ma cosa può esportare la Grecia? Non ha un’industria manifatturiera, ma solo un po’ di agricoltura. Non è quindi un Paese che può trarre vantaggio da una svalutazione competitiva, come invece ha fatto in passato la Svezia, grazie alla sua, seppur piccola, industria manifatturiera. Che le ha permesso negli anni di riequilibrare la bilancia dei pagamenti con l’estero.

La Grecia potrebbe però avere qualche vantaggio nel settore turistico.



Non più di tanto. Non penso che i problemi sociali che si creeranno con le misure di austerità possano essere evitati con l’uscita dall’euro. Diminuzione degli investimenti esteri e costi crescenti per le importazioni porterebbero più disoccupazione e maggiori difficoltà per le tasche dei greci: un clima non proprio ideale per attirare i turisti, nonostante un risparmio sui costi di soggiorno.

Atene non è ancora comunque al sicuro. Cosa dovrebbe fare l’Europa per ridurre i rischi?

Il Fondo salva-Stati (che si trasformerà nel Meccanismo europeo di stabilità – Esm) non è ancora all’altezza del compito. Soprattutto, nel caso la situazione greca precipitasse, non sarebbe in grado di evitare il propagarsi del contagio agli altri paesi europei, Portogallo in primis. Finora l’unica arma concreta messa in campo a livello europeo è stata l’operazione straordinaria Ltro della Bce, che è riuscita a “convincere” le banche ad acquistare titoli con l’opportunità di realizzare ricavi in cambio di liquidità fornita al tasso dell’1%. Ma questo sforzo della Bce non può bastare. La partita è soprattutto politica.

Ci spieghi meglio.

Occorre riuscire a superare due “dolorosi” giri di boa: le elezioni francesi e quelle tedesche. Soltanto nel momento in cui non ci sarà più questa incognita elettorale di mezzo, potremo forse vedere una Germania finalmente proattiva, capace non solo di chiedere rigore, ma anche di inventare una strategia europea per la crescita, cosa che finora non c’è stata assolutamente.

 

Quanto ritiene probabile che il Portogallo possa diventare un nuovo fronte critico per l’Europa?

 

Il Portogallo non ha un debito pubblico alto come quello della Grecia, anche se sta crescendo molto, tra il 15-20% l’anno in valore assoluto. Nello stesso tempo c’è una ricchezza privata più alta, anche perché quella greca si è dissolta o spostata all’estero. Poi ha una certa presenza nel manifatturiero, anche se in settori più tradizionali, come tessile, abbigliamento e calzature, con poco valore aggiunto. La situazione di Lisbona non è certo ottimale, ma il rischio per il Portogallo lo vedo connesso all’eventuale incapacità dell’Europa di togliere la Grecia dalla “graticola”.

 

In che senso?

 

Nel momento in cui la Grecia fosse un po’ più sostenuta nel suo sforzo, con l’effettivo stanziamento del prestito, con la piena operatività dell’Esm entro l’estate, ecco che il rischio Portogallo potrebbe essere più facilmente contenuto. Se però lo scenario dovesse volgere al peggio, allora sarebbero guai: se abbiamo rischiato di essere travolti noi in Italia dalla speculazione, figuriamoci cosa potrebbe accadere a un “peso piuma” come il Portogallo. In sintesi: se riusciamo ad avere un’Europa che si ricompatta, che riesce veramente a fare quadrato, allora sarà possibile limitare la speculazione verso i paesi in difficoltà.

 

Professore, un’ultima considerazione riguardo l’Italia. Si è parlato di un rapporto della Commissione europea, una sorta di “pagella” su alcuni paesi europei, nel quale vengono evidenziati gli squilibri macroeconomici del nostro Paese. Cosa ne pensa?

 

Se i numeri sono quelli emersi in questi giorni sulla stampa, il rischio è che questo rapporto si trasformi nella solita solfa trita e ritrita. Per certi versi spero che il documento contenga più informazioni e dati sul nostro Paese. Ricordiamoci solo che dal punto di vista dinamico l’Italia sta mostrando una certa volontà di migliorare le proprie performance di finanza pubblica. Forse più che queste “pagelline” sarebbe interessante vedere maggior attivismo da parte dell’euroburocrazia nel mettere in campo politiche che favoriscano sviluppo e ricerca nell’Unione.

 

(Lorenzo Torrisi)

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