Due emendamenti al decreto legge sulle liberalizzazioni, in fase di esame al Senato, rischiano di penalizzare fortemente le banche popolari quotate in Borsa. I senatori Franco Asciutti e Maria Elisabetta Casellati del Pdl hanno infatti presentato in Commissione Industria una proposta che mira a inserire dei cambiamenti all’articolo 27 del decreto legge, riguardante i servizi bancari. I due emendamenti intendono modificare il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia agli articoli 29 e 30 nella sezione riguardante le banche popolari. Senz’altro è il secondo emendamento a destare più preoccupazioni, dato che vorrebbe inserire un settimo comma all’articolo 30 (riguardanti i soci) del Testo unico citato, in cui si dice che le disposizioni degli altri sei commi non si applicano alle banche popolari quotate.



Vediamo di che si tratta. Il primo comma prevede che ogni socio abbia un voto, indipendentemente dal numero di azioni possedute. Il secondo prevede il divieto in capo a ogni socio di possedere più dello 0,5% del capitale sociale. Il terzo comma sancisce una deroga al precedente divieto per gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (ovvero i fondi di investimento), per i  quali  valgono  i limiti previsti dalla disciplina propria di ciascuno di essi. Il quarto comma stabilisce un numero minimo di soci pari a 200. Il quinto comma prescrive che l’accoglimento o il rigetto delle domande di ammissioni a socio devono essere motivate dal Consiglio di amministrazione. Il sesto comma stabilisce che non viene accettato nella compagine dei soci può comunque esercitare i diritti patrimoniali relativi alle azioni possedute.



Di fatto, quindi, le banche popolari quotate verrebbe “snaturate” della loro particolare governance e rese di fatto del tutto simili alle altre banche commerciali. Assopopolari, associazione che riunisce le banche popolari italiani, sottolinea che l’attuale disciplina, che ora viene messa in discussione, ha finora consentito alle banche popolari di svolgere, in particolare nelle fasi recessive come l’attuale, un’importante funzione anticiclica continuando a sostenere, non senza difficoltà, famiglie e imprese.

«La riforma della disciplina delle Banche Popolari – ha affermato il Presidente di Assopopolari Carlo Fratta Pasini – è un tema che può sicuramente essere affrontato e discusso, ma seriamente, nelle sedi e con le modalità opportune e non certamente per emendamento, senza contraddittorio e nell’ambito della conversione di un provvedimento d’urgenza». Non bisogna poi dimenticare che una riforma della disciplina delle banche popolari è attualmente incardinata presso la Commissione Finanze del Senato.



Contro gli emendamenti presentati si è espresso anche Rocco Buttiglione, Presidente dell’Udc e vicepresidente della Camera: “Le banche popolari – ha spiegato – sono istituzioni che legano il credito al territorio, mantengono gli investimenti legati alle realtà produttive invece di speculare sui derivati a Wall Street, incentivano uno sviluppo reale di prospettiva invece di puntare ai profitti immediati di pochi. Per questo hanno conquistato quote di mercato e sono spesso più solide di istituti dai nomi più altisonanti”.