Per 17 anni è stata la sua idea fissa, l’ossessione manifesta d’ogni governo presieduto, una cantilena che esprimeva la cifra del suo stesso agire politico e la spinta della sua legittimazione elettorale; ma, alla fine, Berlusconi ha dovuto gettare la spugna. Realisticamente, in Italia, le tasse non si possono abbassare. Sta a vedere, invece, che gli toccherà subire lo smacco di guardare Monti riuscire nell’impresa. Dopo avergli soffiato Palazzo Chigi. Mario Baldassarri, presidente della 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) raggiunto da ilSussidiario.net si dice convinto di no. «Si tratta del solito “gioco delle tre carte” che non inciderà realmente sulle tasche delle famiglie italiane». Domani un pre-Consiglio dei ministri discuterà la riforma fiscale. Già venerdì potrebbe essere varato un decreto. L’idea è quella di ridurre la prima aliquota Irpef di tre punti, dal 23% al 20%. L’operazione potrebbe sarebbe finanziata con 5 miliardi provenienti dagli 11 previsti dalla lotta all’evasione. Ma attenzione: lo scetticismo di Baldassarri dipende dal fatto che, contestualmente, il governo procederà con il taglio di 720 agevolazioni fiscali. «È la solita manovra: si dice di voler abbassare le aliquote, ma si riducono i benefici da un’altra parte».
Eppure, margini d’azione per misure efficaci non mancherebbeo. «Qualcuno ha ascoltato o letto la relazione annuale della Corte dei Conti? Il presidente Giampaolino ha spiegato che ci sono 60 miliardi di spesa in più derivanti dalla corruzione nelle Spa di diritto privato in cui sono state trasformate le ex municipalizzate e da quella diffusa nei capitoli di spesa relativi a: acquisto di beni e servizi, e fondi perduti». Non solo. Sono 11 i miliardi che dovrebbero provenire dalla lotta all’evasione. «Ma, complessivamente, le risorse non dichiarate ammontano a 120 miliardi di evasione». Ebbene: «Sarebbe sufficiente recuperare 30-40 miliardi da queste voci e allora sì che si potrebbero rivedere le aliquote Irpef, senza dover intervenire sulle detrazioni».
E se la lotta all’evasione è complicata, quella agli sprechi sarebbe immediata. «Il comma 8 dell’articolo 5 del decreto Tremonti del 2010, abrogato nell’agosto del 2011, prevedeva il taglio di quei capitoli, conferendo budget di spesa. È sufficiente un decreto che ripristini il comma. Si può farlo anche domattina». Perché, allora, non si fa? «Dentro quella “mangiatoia” – afferma Baldassarri – sono molti a mangiarci. Chi ne trae vantaggio, evidentemente ha più forza decisionale di chi vorrebbe sostenere le famiglie». Posto che tali tagli siano effettuati, Baldassarri illustra al sua proposta di riforma fiscale. «Preferirei non agire sulle aliquote, ma sulle deduzioni per carichi familiari. Riducendo le aliquote, infatti, si avvantaggiano anche gli evasori. I figli, invece, non si possono di certo evadere». Ebbene, «è sufficiente dedurre 5mila euro per ciascun figlio dal reddito imponibile».
L’idea singolare del senatore, consiste nel prescindere dal reddito. «Se, infatti, si applica una riduzione fissa, la famiglia a reddito basso viene pressoché esentata dalle imposte, mentre man mano che il reddito sale, i 5mila euro di deduzione si riducono come impatto percentuale. Si otterrebbe, inoltre, la doppia progressività dell’Irpef: quella verticale, relativa alle aliquote, e quella orizzontale, tale per cui a parità di reddito paga meno chi ha più figli». Baldassarri ha fatto anche i conti: «Questa riforma costerebbe 15 miliardi. Se fossero disponibili meno risorse, la detrazione potrebbe essere inferiore. Si potrebbe partire anche da mille euro, in via cautelativa, per poi aumentare sino ad andare a regime».
(Paolo Nessi)