Qualche giorno fa, a Capitol Hill – Washington – il premier Mario Monti ha detto, prendendosi un bell’impegno e forse oltrepassando la soglia dell’appropriato, che il governo “può sperare di riuscire a cambiare il modo di vivere degli italiani”. Il premier alludeva ai valori del merito e della concorrenza, e…tanto di cappello. Ma è lecito sottolineare che quest’intento pedagogico permea molti atteggiamenti suoi e dei suoi ministri più autorevoli, capitanati da Fornero, la ministra senz’articolo, che per esempio detta i principi del nuovo post-sessismo (in realtà ipersessista al contrario) colluttando con la lingua italiana parlata, e dalla paciosa Cancellieri, indignata con i giovani italiani mammoni.



Ebbene, domani il governo avrà sul tavolo un’occasione per “cambiare il modo di vivere degli italiani”, ma in un modo contemporaneamente incisivo e “popolare”. Già, perché il Consiglio dei ministri approverà un attesissimo decreto sulle agevolazioni fiscali. Finalizzato – in teoria – a porre le premesse per iniziare un percorso, virtuosissimo e sacrosanto, di “redistribuzione sociale” del ricavato della lotta all’evasione. In pratica, stando alle anticipazioni semiufficiali, si sa che il governo istituirà un Fondo nel quale “le maggior entrate derivanti negli anni 2012 e 2013 dalle misure di contrasto all’evasione, accertate sulla base dei risultati conseguiti da un’apposita relazione del ministro dell’Economia da presentare al Parlamento entro il mese di febbraio dell’anno successivo, sono […] destinate a misure anche non strutturali di sostegno alle fasce di reddito più basse, con particolare riferimento all’incremento delle detrazioni fiscali per i familiari a carico”.



Chiaro? Con il recupero dell’evasione si darà insomma sollievo ai meno abbienti. E c’è chi parla anche di ridurre l’aliquota minima dal 23% al 20%. Bene, benissimo. Tanto più che il governo non ha preventivato alcun introito nel bilancio corrente dalla lotta all’evasione: come dire che tutti i recuperi saranno “sopravvenienze attive”, spendibili come si vorrà. Ma…c’è un “ma”. I vantaggi di questi possibili sgravi sono rinviati al 2014. E, come opportunamente ha evidenziato su Il Corriere della Sera Massimo Fracaro – uno dei giornalisti italiani più esperti in materia tributaria – se la destinazione del gettito della lotta all’evasione alla riduzione delle aliquote Irpef è un principio sacrosanto, rinviarne l’applicazione al 2014 – cioè a un’altra legislatura “quando questo governo non sarà più in carica – non convince.



Infatti: non convince il rinvio in sé, perché il 2013 dovrà già poter evidenziare i risultati della ostentata crociata anti-evasione (altrimenti che crociata è e che risultati sarebbero?) E non convince soprattutto che la responsabilità politica della scelta sia devoluta a chi verrà dopo i “tecnici”: proprio perché se quel principio è sacrosanto, dev’essere posto al riparo dall’opinabilità politica della sua applicazione. Ragione cogente affinché ad applicarlo siano proprio i tecnici di questo governo!

Ma c’è di più, e va detto in particolare ripensando all’ambizioso – anzi, diciamolo, un po’ arbitrario – intento di Monti di “cambiare il modo di vivere degli italiani”. La campagna anti-evasione dell’Agenzia delle Entrate – sacrosanta anche se discutibile nei modi, con questi blitz spettacolarizzati che sembrano seguire la cartina dell’Italia turistica e il calendario delle festività nazional-popolari – dovrebbe essere affiancata da misure pacifiche e pacificanti in grado di trasformare l’eterno gioco “a guardie e ladri” in automatismi sociali che innalzino il livello di “compliance” fiscale (insomma, l’attitudine spontanea a pagare le tasse anziché evaderle).

Una cosa del genere in Italia è maledettamente difficile perché da troppi secoli in questo Paese i governi locali dei mille potentati che ci hanno dominato hanno usato le tasse come un gioco speculativo, anziché come una risorsa di buon governo, ed è iscritto nel dna degli italiani il “diritto ad autoridursi” il prelievo fiscale. Pensiamo soltanto a cosa accadrebbe se il fisco ammettesse come detrazione dalle tasse gli scontrini e le fatture che il cittadino può richiedere al ristorante o all’idraulico: un’impressionante fioritura di scontrini e fatture false…

Eppure un campo, socialmente altrettanto diffuso quanto l’evasione fiscale, è stato bonificato radicalmente dalla normativa, grazie all’uso sapiente e incrociato della tecnologia e della legge: la sicurezza stradale. In dieci anni,in questo Paese il numero delle vittime della strada si è dimezzato, come anche il numero dei sinistri con feriti (quelli veri, perché dove non scorre il sangue molto spesso scorre la truffa). Come mai? Perché gli italiani hanno cominciato a capire di dover guidare con maggior prudenza e correre meno: gliel’hanno fatto capire con le cattive il Tutor sulle autostrade e l’Autovelox o il T-rex sulle strade statali e provinciali; e con le buone una campagna pubblicitaria martellante incisiva, voluta con forza e coraggio intellettuale da quella grande persona che è stato, finché è vissuto, l’ex presidente della Fondazione Ania per la sicurezza stradale, Sandro Salvati.

Ecco: è possibile applicare questo modello all’ambito delle tasse e dell’evasione fiscale? Esiste un “Tutor” anti-evasori? Uno sforzo di fantasia non dovrebbe deludere. Innanzitutto, i controlli: meno scenografici ed episodi, ma sistematici e a tappeto. Poi la tecnologia: se funziona, applichiamola. E funziona, sicuramente, l’incrocio dei dati bancari con quelli dell’anagrafe fiscale: se Pinco Pallino denuncia 10 mila euro e ne ha in banca 500 mila qualcosa non va, lo si convochi e gli si imponga di motivare questa clamorosa incongruenza. Ma ancora: il contante, va ulteriormente limitato – come dice giustamente perfino il presidente dei dottori commercialisti Claudio Siciliotti – perché se in Italia si stimano oltre 250 miliardi di euro annui di economia in nero (per circa 120 di evasione fiscale) e i nuovi depositi bancari nel 2011 sono stati di appena 6 miliardi, è segno che la stragrande maggioranza dei proventi dell’evasione finisce nascosta nei materassi o sotto il mattone, ed è quando esce da questi nascondigli per essere spesa che va intercettata.

Tutto ciò per non parlare di forme più fantasiose di modifica del costume sociale sul piano tributario, come la famosa “lotteria dello scontrino” adottata in Cina, per cui le combinazioni tra il numero di partita Iva dell’esercente e il numero di ogni fattura diventano un algoritmo da estrarre quotidianamente a sorte per permettere a tutti i contribuenti che abbiano richiesto fattura o scontrino al loro fornitore di vincere un premio capace di sistemarli per la vita…

Di questo genere di norme fantasiose e popolari, per ora, neanche l’ombra. Mentre invece si dà benzina al fuoco dell’invidia sociale vagheggiando forme di delazione fiscale capaci, tutt’al più, di fomentare risse condominiali ma certo non di incidere sui problemi di fondo.