È tempo di bilanci per Alitalia. Sono passati tre anni dal rilancio della compagnia di bandiera e ieri è stato celebrato il Consiglio di amministrazione della compagnia aerea che ha sancito la fine dell’era Sabelli. Il manager, ex-Piaggio, si è dimesso dal ruolo di direttore generale ed è riuscito nell’intento di portare la compagnia verso il pareggio operativo. Le difficoltà sono state molto ampie. La recessione in cui versa il nostro Paese e il prezzo del petrolio che non accenna a diminuire a causa delle tensioni mediorientali sono due fattori che hanno messo in crisi tutti i vettori tradizionali.



Veniamo ai dati dell’ultimo anno fiscale. La compagnia italiana ha visto decrescere leggermente la propria quota di mercato, poiché la crescita dei passeggeri è stata del 5,5%, contro un aumento del traffico negli aeroporti italiani del 6,4%. La diminuzione della quota di mercato è minima e Alitalia si attesta intorno al 21,3%. Il vettore è forte sul mercato domestico, dove ha posizioni di leadership nello scalo di Fiumicino e Linate, grazie allo sviluppo del traffico di feederaggio nell’aeroporto romano. La recente acquisizione di Blue Panorama e WindJet va nella direzione di sviluppare ancora maggiormente il feederaggio italiano e al contempo di rafforzare il mercato domestico. Per i problemi competitivi interverrà l’Antitrust che dovrà valutare laddove risulti una posizione di dominanza.



Lentamente Alitalia sta sviluppando un proprio network di destinazioni intercontinentali con un feederaggio italiano, mentre AirOne sta cercando di competere con le compagnie low cost. I risultati sembrano promettenti, anche perché la compagnia dell’ex presidente Toto (ora azionista in Alitalia) si confronta con Easyjet su Milano Malpensa e il vettore britannico non è un cost killer come Ryanair.

Veniamo ai lati negativi. La compagnia perde ancora soldi. Certo ci sono stati eventi negativi, quali la crisi nel Nordafrica e il terremoto giapponese, ma per il terzo anno consecutivo il conto economico è in rosso. Di conseguenza la liquidità continua a scendere e questa è la sfida del futuro per la compagnia che molto probabilmente nei prossimi mesi avrà interesse a ricapitalizzarsi per potersi rafforzare. Il gruppo franco-olandese AirFrance-Klm, primo socio di Cai, difficilmente riuscirà a trovare le risorse necessarie, in quanto è in crisi profonda con delle perdite che supereranno il miliardo di euro nell’anno fiscale che si concluderà a marzo 2012.



Bisogna anche ricordare che il prezzo del petrolio è stata una variabile molto “pesante” per tante compagnie, dato che il barile di greggio non scende stabilmente sotto i 100 dollari. La fattura del carburante incide dunque per un peggioramento di oltre 260 milioni di euro per Alitalia e senza questo “appesantimento” la compagnia avrebbe chiuso con un utile netto.

Un merito della compagnia è stata la capacità di rifocalizzarsi, seppur lentamente, verso i business più profittevoli, quale quello intercontinentale. Anche il prossimo anno il vettore continuerà a far crescere e a migliorare la flotta a lungo raggio e al contempo rinnoverà quella a breve raggio. Questa azione è essenziale per aumentare la competitività dell’impresa, dato che una flotta più recente abbatte i costi di produzione anche del 10%.

L’azione di Rocco Sabelli, da me criticato più volte in passato, si può dire che sia stata improntata alla flessibilità. È riuscito a capire quali erano i punti deboli del piano Fenice, primo fra tutti l’eccessivo focus sul mercato domestico, e ha saputo riportare il vettore verso il pareggio operativo. Un risultato non da poco in un mercato difficile come quello aereo. Il nuovo direttore generale, e presto nuovo amministratore delegato, Andrea Ragnetti, si troverà tuttavia un mercato estremamente complicato, con una caduta dello yield davvero importante. Una sfida molto complicata, ma che dovrà essere vinta se il vettore vuole continuare a volare.