Chissà se i gelati che compravo all’oratorio salesiano da piccolo erano attività commerciali per don Romano, il quale dismetteva la sua figura di calciatore espertissimo nonostante la tonaca per improvvisarsi gelataio e di lì a poco divenire operatore cinematografico in una sala certamente con scarse dotazioni di sicurezza rispetto a quelle oggi richieste (eppure mai un incidente successe o un disguido si verificò all’entrata e all’uscita). Certo, una volta non mi lasciò entrare al cinema perché non avevo i soldi, e me la presi così male sino a quando non capii che voleva in tal modo ch’io imparassi ad amministrare le poche lire che mia mamma mi dava la domenica per passare all’oratorio tanto la mattina quanto il pomeriggio, e il cui importo a don Romano era noto, domenica per domenica…
I gelati e il cinema per lui erano opere di apostolato da cui traeva non il suo sostentamento, ma appena i denari per pagarne i costi. Il mezzo era mezzo e solo mezzo: il fine era salvare le anime. E se si salvano le anime, l’Ici non si deve pagare. Non esiste una contabilità della teodicea, ossia della salvezza. Non riesco a entrare nella logica della discussione dell’Ici alla Chiesa, ossia proprio non riesco a distinguere cos’è commerciale nell’attività della più grande organizzazione benefica del mondo.
E lo ammetto anche quando penso, io vecchio operaista, che tra queste attività ci sono, e c’erano nella mia infanzia, le scuole per i ricchi, o che noi ritenevamo tali, per i quali il solo bene che si può fare è di renderli meno crudeli ed egoisti… ma anche questo è operare per il bene e diminuire le armi di distruzione di massa che la ricchezza può lanciare contro il bene e la grazia nel mondo.
Insomma: la discussione mi pare veramente di lana caprina. Distinguere ciò che è profit e ciò che è not for profit nell’ambito ecclesiale è cosa affatto diversa da qualsiasi altra sfera di vita esistente al mondo. E questo vale per i cattolici come per le altre fedi. Nell’Islam a nessuno verrebbe mai in mente di tassare le Fratellanze Musulmane e le loro attività e non per fanatismo, ma perché si riconosce che vi è una sfera della vita associata che sfugge e deve sfuggire alla reificazione del mercato.
Il gelato che mi gustavo nell’oratorio torinese di San Luigi era uno di questi beni che sfuggono alla reificazione di mercato, perché era inserito in un contesto di azioni che derivano dritte dritte dal Discorso delle Beatitudini, ossia sono un’opera di carità attiva e operante. A parer mio la Chiesa Cattolica Apostolica Romana è sottoposta in questi anni a un attacco inaudito: dalla pedofilia agli scandali economici, alle lotte intestine nella Santa Sede. Sono nauseato: in tv si vedono i corvi che gracchiano senza che sia consentito a chi corvo non è di accennare a una risposta, a una controdeduzione. La Chiesa risponde troppo debolmente.
La sfera di Cesare deve fermarsi dinanzi a quella di Dio: rispetto non vuol dire aprire le porte a coloro che debbono entrare in punta di piedi in Chiesa perché c’è il Santissimo e invece si mettono a gridare. So che dico cose innominabili in primo luogo per i cattolici adulti. Il fatto è che io non so pensarmi e non so agire sempre se con come un minorenne, ossia come un cattolico, peccatore, ma fedele.