In un report sulle possibili misure volte a ridurre il debito pubblico italiano, che verrà consegnato nelle prossime ore al ministero dell’Economia, Mediobanca insiste sul fatto che «dopo i risultati impressionanti raggiunti nei suoi primi 100 giorni, il governo Monti ora dovrà mettere la riduzione del debito in cima alla propria agenda». Secondo l’istituto di piazzetta Cuccia, questo può essere fatto in diversi modi: non semplicemente vendendo le partecipazioni residue dello Stato e gli immobili delle pubbliche amministrazioni centrali e periferiche, ma attraverso un’azione che vada a monetizzare questi attivi. Come si legge in un articolo de Il Corriere della Sera, secondo Mediobanca la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) “potrebbe acquisire le migliori partecipazioni dello Stato in imprese quotate e non quotate per 50 miliardi di euro. […] Ma la Cdp potrebbe anche acquisire una parte delle riserve auree della Banca d’Italia, il cui valore ha ormai superato i 130 miliardi, grazie alla costante rivalutazione del metallo giallo. Diciamo altri 50 miliardi”. Dopo aver pagato il Tesoro e la Banca d’Italia, continua l’articolo, “la Cdp avrebbe una somma cospicua, raccolta a costi stracciati, per sostenere le dismissioni immobiliari. Secondo Mediobanca Securities, il mattone potrebbe portare ai conti pubblici un beneficio fino a 90 miliardi”. IlSussidiario.net ha contattato Antonio Di Majo, professore ordinario di Scienza delle Finanze presso la facoltà di Economia di Roma Tre, a cui ha chiesto un commento: «Si dice spesso che il debito pubblico può essere ridotto vendendo il patrimonio immobiliare italiano o una parte di quello mobiliare. Il problema di questa vendita sono innanzitutto i suoi reali valori, del tutto inventati, perché come l’esperienza ci insegna nel momento in cui aumenta enormemente l’offerta anche i valori spariscono, per non parlare poi dei tanti fenomeni di mal gestione, corruzione e così via. Mi viene quindi naturale chiedermi: perché fare una cosa del genere, quando si può pensare a qualcosa di molto più semplice? Credo infatti che basti far rendere il patrimonio esistente».
Il professore Di Majo ci spiega infatti che «se questo patrimonio, immobiliare o mobiliare, si facesse rendere di più non ci sarebbe bisogno di svenderlo. Questa riflessione è solo per dire che non c’è bisogno di immaginarsi continuamente vendite, perché la stessa esperienza storica ci insegna che non è il caso di insistere su queste strade». Quella che riguarda l’oro, continua il professor Di Majo, «è una proposta che ha a che fare con le politiche generali delle banche centrali, e in linea di principio è vero che l’oro della Banca d’Italia è di proprietà dello Stato italiano. Quindi è possibile che una parte venga data via in cambio di una riduzione del debito pubblico. Però, ancora una volta, si sta parlando di pura contabilità astratta, quando invece dovremmo capire in concreto quali sono i pro e i contro, e che reali valori si possono tirare fuori da queste proposte». Il giudizio conclusivo del professor Di Majo è quindi piuttosto scettico, nei confronti di proposte «utili più che altro a provocare, nel senso che dovrebbero provocare una reazione e far ragionare sul fatto che esiste un problema, e che si devono cercare non soluzioni miracolose, ma rimedi pensati su un lunghissimo periodo. Quindi questa proposta può essere anche essere considerata utile, ma non è né opportuna, né possibile».
(Claudio Perlini)