Tra i settori in cui l’incidenza e lo sforzo del governo Monti dovrà rivelarsi decisamente maggiore, vi è certamente quello dei trasporti. Corrado Passera, che dei Trasporti è titolare – oltre che dello Sviluppo economico -, ha proposto una ricetta per ammodernare il Paese, rilanciandone, sotto questo profilo, la struttura logistica. Gli aeroporti, anzitutto. Sono troppi. Drenano risorse pubbliche e, spesso, sono inefficienti. Solo 14, secondo le intenzioni del ministro, dovranno mantenere la dicitura “strategico”, e potranno continuare a servire su scala intercontinentale; 10, invece, lo faranno su distanze internazionali di breve-medio raggio. Tutti gli altri saranno ridimensionati. «Il ragionamento di Passera va distinto sotto l’aspetto economico e sotto quello normativo», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net Marco Ponti, professore di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano. «Sul primo fronte, ha affermato che ha senso che lo Stato possa mettere dei soldi solo negli aeroporti che hanno un valore nazionale. Laddove si vogliono tenere in piedi per ragioni turistiche, non si possono pretendere finanziamenti da Roma. Il che non fa una piega». Non si può dire lo stesso del secondo caso: «Non si capisce, tuttavia, perché porre dei vincoli a quegli aeroporti che intendano continuare a garantire scali internazionali senza oneri per lo Stato. Tanto più che rappresentano uno degli strumenti attraverso cui le compagnie aeree si fanno concorrenza, a beneficio del consumatore».
La seconda proposta del ministro riguarda le aggregazioni del trasporto pubblico locale. Le aziende che operano nel settore sono 1200, 600 della quali con meno di dieci dipendenti, spesso inefficienti e incapaci di rivelarsi competitive. «Sono, effettivamente, troppo piccole. Tuttavia, è necessario confrontare gli effetti sulla competizione rispetto all’economia di scala sull’aggregazione». Ovvero: «Spingerle ad aggregarsi per competere con altri attori potrebbe determinare fusioni o accorpamenti finti, esistenti solo sulla carta, finalizzati a rimandare la reale competizione. D’altronde, come è noto, nelle società di trasporto pubblico locale non ci sono mai state gare reali. Aziende diverse da quelle che c’erano prima, quasi sempre comunali, in casi più unici che rari hanno vinto la gare». Si deve, quindi, procedere con i piedi di piombo. «Occorre lasciare a queste aziende il tempo di aggregarsi in modo serio. E, dopo due o tre anni, metterle in gara. Stabilendo, ad esempio, che non si potrà essere giudici e concorrenti nello stesso tempo. Per cui, sarà a quel punto necessario aver istituito la l’Autorità per i trasporti».
Ma, se prenderà o meno avvio, è un mistero. La sua presenza, forse, avrebbe potuto evitare uno scempio come la metropolitana C di Roma, l’opera incompiuta più costosa dell’Europa, pagata, a oggi, più di 5 miliardi di euro. «In quel caso il male è all’origine, consiste in un contratto mal fatto. Il motivo dei rallentamenti più gettonato, infatti, risulta essere la serie di imprevisti straordinari che, tuttavia, tali non sono: non era difficile intuire che, infatti, scavando sotto Roma si sarebbero potuti rinvenire dei beni archeologici».