Che cosa si può dire di questo “pacchetto” di liberalizzazioni emendato dai partiti e ora in discussione in aula al Senato? «Niente di nuovo sotto il sole», dice sorridendo il professor Ugo Arrigo, docente di Scienza delle Finanze all’Università Bicocca di Milano. La stampa, la grande stampa italiana, presenta il “pacchetto” emendato come un “irrobustimento” delle liberalizzazioni, i partiti si dichiarano soddisfatti. E non si capisce bene se tutto questo sia una colossale presa in giro oppure un’ottusa incapacità di capire, di comprendere che cosa significhi realmente liberalizzare un Paese.
Professor Arrigo, che cosa ne pensa di questo “pacchetto” emendato?
Credo che ormai si tratti di un problema di vocabolario. Ma siccome ormai ci si serve di Wikipedia, basterebbe documentarsi con il computer su che cosa vuol dire la parola liberalizzazione. Dovrebbe essere una riduzione di restrizioni, un’apertura di cancelli, un abbattimento di steccati. Qui, al massimo, gli steccati e i cancelli li hanno spostati. Siamo al punto di prima.
Ha visto che c’è ormai un aumento di cinquemila farmacie.
Appunto, c’è l’aumento di un numero di monopolisti territoriali.
Sui taxi invece c’è stato un ripensamento, secondo alcuni, o una retromarcia, secondo altri.
Infatti. Era proprio sui taxi che avevano forzato la mano e fatto di più. Quindi sono ritornati indietro. Resta il sindaco a decidere di quanti taxi ha bisogno una città. Vale a dire che è il sindaco a stabilire l’offerta e la domanda sul trasporto usando i taxi. Che cosa si può dire di fronte a un fatto del genere? In genere i taxi li usano persone che vengono da altri comuni, che non sono neppure gli elettori della città che visitano. Proviamo a indovinare chi sceglierà il sindaco: gli interessi degli elettori del suo comune o quelli di chi non lo elegge?
Intanto le banche si lamentano per il conto corrente gratuito ai pensionati che percepiscono fino a 1500 euro al mese.
Sulle banche non è stato fatto nulla. Non vedo proprio nulla. Ma intanto ci si dimentica sempre di dire, di scrivere una delle cose più importanti fatte dal “governo dei tecnici”. È impressionante come sia passata sotto traccia, senza alcuna informazione o commento, la garanzia fornita dalla Stato alle obbligazioni delle banche. E per fare tutto questo si tassano gli italiani, si fa una manovra che fornisce garanzie alle banche per andare a prendere soldi alla Bce al tasso dell’1% e rivenderselo al 6%. Ma perché questo Stato che vuole liberalizzare non garantisce i debiti delle famiglie, di persone che sono in difficoltà in un momento come questo?
Lei è sempre critico e scettico su queste liberalizzazioni.
Queste non sono liberalizzazioni. Il mercato non avanza di un millimetro con questi provvedimenti. E lo Stato monopolista continua a fare il monopolista. Di fatto, in tutta Europa, il recapito postale è totalmente liberalizzato. In Italia, Poste Italiane controllano il 97-98% di questo mercato. Questo non è un monopolio di fatto?
La manovra del governo, nel suo complesso, mirava a mettere in sicurezza i nostri conti pubblici. Anche se c’è chi dice che siamo “commissariati”.
La mia opinione è un’altra. Noi ci siamo autocommissariati con la scusa del vincolo esterno, per difendere poi all’interno del Paese la stessa oligarchia di prima, quella che governa in una sorta di feudalesimo economico e politico.
Siamo sempre legati a uno Stato che non conosce la società liberale?
Siamo in uno Stato di stampo napoleonico, dove esiste una concezione concessionaria dello Stato. È lo Stato che deve concedere ai sudditi. Lo Stato non paga i crediti? Intanto tu cittadino, invece, devi pagare subito quello che devi. Questo Stato regola tutto, anche quello che non è necessario che debba regolare. È il contrario di uno Stato liberale. E non si può neppure dire che questa classe dirigente, partiti compresi, abbia una visione liberaldemocratica oppure socialdemocratica. Difendono solo l’esistente, difendono l’oligarchia nazionale che ha i suoi privilegi e li vuole tutelare. Intanto il Paese vive di austerità e rigore, con una domanda interna che scende di molto, che non può essere compensata dalla sola ripresa dell’export. Avanti così e si arriva al rigor mortis.
Ma questi partiti in quale posizione le sembrano?
Credo che questi partiti navighino in pieno oceano senza neppure sapere le coordinate della rotta. Non sanno proprio dove portare la nave. Per il momento si differenziano dal comandante Schettino solo perché non sono ancora finiti sugli scogli.
Intanto hanno rinviato la separazione tra Snam e Eni.
È un caso ormai di scuola. L’azionista principale non riesce a separare subito una sua azienda. Lo potevano fare subito, invece rinviano. Chissà se Marchionne, con la Fiat, non riesce a separarsi da una sua azienda.
(Gianluigi Da Rold)