C’è sempre un venerdì nel destino del “governo dei tecnici” di Mario Monti. Dopo le cosiddette liberalizzazioni e semplificazioni, arriva un provvedimento sulla cosiddetta “golden share”. È un istituto giuridico di stretta marca anglosassone, in base al quale un governo nazionale può esercitare poteri speciali dopo la privatizzazione o la vendita di parte del capitale di un’impresa pubblica, di un’impresa di Stato. È una questione che si discute spesso in sede europea e che ebbe punti di riferimento nel 1993 con l’accordo “Savona-Van Miert” e con il protocollo d’intesa dello stesso anno tra Van Miert e Andreatta. Nel 2009 la Commissione europea aprì una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. In sostanza, l’uso della “golden share” era troppo ampio. Si pensi ai casi Abertis per Autostrade, Telefonica per Telecom, la stessa vicenda Alitalia nei confronti di Air France. A questo punto il governo di Mario Monti è intervenuto per uniformare la legislazione italiana ai trattati europei. Se ne tra la conclusione che la “golden share” si potrà usare con larghezza nel settore “della difesa e della sicurezza nazionale, in caso di minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza”. Riguardo invece ai settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni, la “golden share” viene ridotta. Ugo Arrigo, docente di Scienza delle Finanze, all’Università Bicocca di Milano, prende atto di questo intervento del governo e lo giudica sostanzialmente positivo.



Siamo sulla strada delle liberalizzazioni, ma non le sembra che il trattamento riservato all’Italia sia un po’ differente rispetto a quello usato nei confronti della Francia? Che cosa hanno liberalizzato in Francia?

Non c’è dubbio che il trattamento verso l’Italia sia differente e la Francia si distingua per tenersi ben stretti quelli che ritiene alcuni suoi “gioielli”. Il problema di fondo è però che la Francia, attraverso il suo Fondo strategico, acquista e mantiene le sue aziende, mentre a noi veniva contestato che lo Stato aiutasse aziende “decotte” con denaro pubblico oppure ricorresse e architettasse altre situazioni.



Quali ad esempio?

Beh, la cordata Alitalia, non pare un esempio di grande iniziativa imprenditoriale.

 

Non c’è dubbio tuttavia che, rispetto al trattamento riservato ad altri paesi, questo allineamento dell’Italia alle disposizioni europee assume un significato che assomiglia a quello di uno “scolaro” che fa gli esami di riparazione.

 

Certamente questa riduzione della “golden share” nell’ambito di settori come energia, trasporti e comunicazioni può significare una perdita di ruolo dell’Italia. Ma sostanzialmente non si può parlare di passo negativo. Certo, che da adesso si possono aprire diversi capitoli, diversi scenari che sembravano chiusi, come appunto Autostrade, Telecom e in fondo anche la stessa Alitalia. L’unica azienda su cui ritengo che la golden share possa mantenere il suo raggio di azione più vasto mi sembra a questo punto Finmeccanica. Cioè l’azienda di un settore strategico nel campo della difesa e della sicurezza nazionale.



 

Nel comunicato del governo compaiono una serie di limitazioni, che si conosceranno meglio con il testo integrale. La competenza non è più solo del Tesoro, primo azionista dellle aziende pubbliche, ma va divisa tra vari ministeri. Poi c’è la possibilità per il governo di porre il veto nei confronti di un Paese extraeuropeo, che pure si stabilisca all’interno della Comunità attraverso l’acquisto di un’azienda.

 

In quel caso vedremo nel testo integrale. La competenza dei vari ministeri è stata oggetto di discussione. A volte si è ristretta a volte si è allargata. Ma, mi scusi, io in tutto questo vedo un rischio. Ridotta la portata della golden share, non vorrei che qualcuno intervenisse acquistando le aziende pubbliche attraverso la Cassa depositi e prestiti. Oppure si metta a inventarsi stravaganti cordate di imprenditori nazionali. Vedremo.

 

(Gianluigi Da Rold)