«Il Btp Italia verrà emesso per la prima volta il 19 marzo 2012 e si tratta certamente di un prodotto innovativo. Un titolo del genere nasce innanzitutto per finanziare il grande debito pubblico del nostro Paese, per il quale c’è costantemente bisogno di innovazione. Inoltre alla base c’è una gestione molto professionale, capace e avanzata della gestione del debito pubblico da parte del ministero dell’Economia, che per quanto riguarda il fattore innovazione sui titoli pubblici è probabilmente uno dei leader mondiali». Insieme a Marco Di Antonio, professore di Economia presso l’Università di Genova, commentiamo il nuovo Btp Italia, presentato questa mattina a Piazza Affari dal viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, e dal direttore del Debito pubblico, Maria Cannata.
Professore, all’incontro di questa mattina è stata anche illustrata la piattaforma MOT. Cosa può dirci a riguardo?
E’ necessario sottolineare l’infrastruttura tecnologica di questo titolo, che può essere sottoscritto direttamente online dai piccoli risparmiatori e dalla famiglie, usando appunto la piattaforma elettronica del MOT, vale a dire il mercato cosiddetto “al dettaglio” dei titoli di Stato, mentre l’MTS è quello “all’ingrosso” dove operano i grandi investitori. Le principali caratteristiche del Btp Italia sono un taglio basso, cioè 1000 euro, quattro anni di durata, prezzo di emissione alla pari e indicizzazione all’inflazione italiana.
Di cosa si tratta?
Abbiamo già dei Btp indicizzati, ma all’inflazione europea. La stragrande maggioranza dei titoli indicizzati che circolano presenta un’indicizzazione finanziaria, che aggancia il rendimento corrisposto a un tasso di interesse “di mercato” (euribor, rendimento dei BOT, ecc.). In questo caso parliamo invece di indicizzazione reale, cioè al tasso di inflazione. Inoltre, come detto, la novità principale di questo titolo riguarda proprio l’indicizzazione all’inflazione italiana, e non europea. L’inflazione italiana, come sta accadendo negli ultimi anni, è sempre leggermente più alta di quella europea, quindi con questo titolo il risparmiatore italiano è maggiormente difeso dall’inflazione del proprio Paese.
Come funziona il meccanismo di indicizzazione ?
La cedola corrisposta periodicamente rimane fissa nella sua incidenza percentuale, ma si applica al capitale rivalutato in base all’inflazione. Faccio un esempio: se l’importo del titolo sottoscritto è 1.000, l’inflazione per i primi sei mesi è dell’1%, e la cedola del titolo è del 4% annuo e quindi del 2% semestrale, l’interesse semestrale ottenuto dal detentore è di 20,2 euro, cioè 2% (cedola semestrale) x 1010 (capitale rivalutato dell’1%). Quindi la cedola è fissa e anche alquanto bassa, ma garantisce un rendimento reale, al netto dell’inflazione. Si noti che la cedola del titolo, a partire da un valore minimo indicativo stabilito al momento dell’annuncio dell’emissione, viene determinata in sede d’asta, in base alla domanda del titolo espressa dal mercato)
Un altro aspetto interessante di questo titolo è poi il premio di fedeltà, una clausola innovativa che non credo esista in altri titoli di Stato nel mondo.
Ce ne parli.
Se il risparmiatore tiene il titolo fino alla scadenza, quindi per tutti i quattro anni senza venderlo prima sul mercato, ottiene un premio di fedeltà che corrisponde al 4 per mille lordo sul valore nominale dell’investimento non rivalutato.
Possiamo riscontrare anche dei possibili rischi?
I rischi sono i soliti e non riguardano il Btp Italia, ma tutti i titoli di Stato in generale: c’è innanzitutto il rischio di investire nel debito italiano, ed è ovvio che resta il rischio di default che qualche mese fa sembrava così alto. Andando però oltre casi estremi come questo, un altro rischio è rappresentato da un ulteriore attacco al debito pubblico italiano: se il Paese torna a perdere la fiducia dei mercati, per una serie di ragioni, i tassi dei titoli di Stato italiani salgono (così come sale lo spread con i titoli tedeschi) e il loro prezzo cala. Il risparmiatore si ritrova quindi in portafoglio un titolo deprezzato. Resta però il fatto che, se lo tiene fino a scadenza e l’Italia nel frattempo non fallisce, ha la possibilità di recuperare l’intero capitale sottoscritto. Come detto, quindi, i rischi maggiori sono quelli di tutti i titoli italiani, che derivano dal fatto di investire nel debito sovrano.
(Claudio Perlini)