Gli incontri sono spesso “cerimonie” e le conferenze stampa una serie di annunci. Ma quello che è emerso dalla visita a Roma della cancelliera tedesca Angela Merkel al premier Mario Monti fa intravedere una consapevolezza diversa e forse la comprensione, dopo un po’ di tempo, di una realtà da affrontare in modi differenti. Il solo “rigore” non basta più perché gli effetti recessivi alla fine soffocano qualsiasi economia e provocano anche contraccolpi sociali che è difficile prevedere. Francesco Forte, economista di grande tradizione, ex ministro delle Finanze, guarda con realismo la situazione e commenta sia quello che è stato annunciato nella conferenza stampa, sia quello che sta accadendo al di fuori delle dichiarazioni di prammatica.



Professor Forte, Angela Merkel dice che occorre difendersi dai Paesi emergenti, dalla loro capacità competitiva?

Qui si può leggere, si può comprendere, il problema del costo del lavoro nei paesi europei rispetto a quello dei paesi emergenti. E quindi il conseguente problema della produttività dei sistemi economici nei paesi europei. Mi sembra che in Italia si stia complicando la trattativa sulla riforma del mercato del lavoro, si gira intorno all’articolo 18 e non si affronta il vero problema che è quello della contrattazione aziendale. Lo schema del senatore Pietro Ichino, sul contratto nazionale, non risolve il problema centrale che è quello della competitività delle aziende. Le imprese italiane hanno una buona quotazione a livello internazionale, ora occorre passare a una scelta che i sindacati devono saper affrontare. Questo è uno dei punti principali per riacquistare competitività e produttività.



Non è il solo problema che ci troviamo davanti. Dobbiamo fare i conti con la necessità di ratificare il Fiscal compact, che ci impegna a ridurre il nostro debito di un ventesimo l’anno.

Non ho ancora ben compreso se nel Fiscal compact siano presenti delle deroghe. In tutti i casi, qui si tocca con mano il nostro problema. Il patto va bene per il deficit, non per il debito, come è nel nostro caso. Comunque per affrontare la riduzione del debito noi dobbiamo necessariamente passare, per qualche anno, attraverso la vendita di alcuni beni pubblici. L’ho scritto, l’ho detto e lo ripeto. Guardi che il problema non è tanto quello del primo anno, ma quello degli anni successivi, almeno dei tre anni successivi, non sapendo se ci saranno segnali di crescita. Questo fatto, per noi è un passaggio obbligato. Se poi ci sarà una crescita, tanto di guadagnato, imboccheremo una strada più facile.



Ma queste politiche per la crescita non sembrano a portata di mano, non si riescono a vedere con chiarezza.

È già importante che la Merkel riconosca oggi che c’è bisogno di una crescita europea comune e probabilmente si renda conto, con il solito ritardo dei tedeschi, che la sola austerità non porta di certo crescita. Ma anche il recupero di produttività di un sistema economico non è da solo garanzia di crescita. Io penso sempre alle grandi liberalizzazioni, quelle reali, delle infrastrutture e delle grandi reti. Ma sarebbe necessario che ci fossero anche progetti comuni europei. Vedo, ad esempio, che si discute su questo benedetto Fondo salva-stati e poi si rinvia la sua portata,1a sua consistenza. A me pare che il Fondo salva-stati potrebbe soccorrere anche paesi piccoli in difficoltà, ma dovrebbe essere innanzitutto il fondo che fa investimenti comuni europei. Questo è il punto. Non so se nel progettato vertice estivo italo-tedesco sarà affrontato questo problema, che a me pare fondamentale.

 

Quindi riforma del mercato del lavoro, soprattutto in Italia per recuperare competitività; progetti comuni europei e poi?

 

Poi c’è il problema delle banche, del credito. Vedo che Mario Draghi ne ha parlato anche oggi. Mi rendo conto che il problema delle banche è oggi vincolato anche ai parametri che devono rispettare, più rigidi che in passato. Ma credo che questi parametri siano anche cambiati in maniera positiva, pensando al miglioramento dei titoli italiani, ad esempio.

 

Scusi professore ritorniamo un attimo al Fiscal compact, che ha un effetto depressivo.

 

Noi abbiamo il problema del debito, ma gli altri hanno il problema del deficit. L’Italia sul deficit di bilancio è su una buona strada ed è una sorta di scoperta per questo governo di formazione “liberal”, che in fondo non era d’accordo con il pareggio del bilancio. Su questo punto avevano ragione Giulio Tremonti e il governo Berlusconi, in generale la politica del Pdl. Non so con quale consapevolezza o meno, ma il “governo Monti” è la continuazione del precedente governo ed è una sconfessione della cultura “liberal” della Bocconi e de lavoce.info.

 

Un ripensamento?

 

Non lo so esattamente. Ma l’azione sinora è quella di prosecuzione della linea del governo precedente, con il riconoscimento che il pareggio di bilancio è un cardine dell’economia sociale di mercato.

 

(Gianluigi Da Rold)