Il sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, ha annunciato una norma per eliminare la gratuità dei conti correnti per tutti coloro che percepiscono una pensione fino a 1.500 euro. È quanto emerge dai resoconti stenografici della riunione che si è tenuta ieri in commissione Bilancio, dove Polillo avrebbe detto che la norma rappresenta “un danno per le banche”, oltre a porre “problemi di natura applicativa, non essendo espressamente prevista l’esclusione dei soggetti che percepiscono altri redditi tali da fare superare, magari largamente, la soglia dei 1.500 euro mensili”. Inoltre queste misure “potrebbero causare un’ulteriore stretta creditizia che si riverbererebbe inevitabilmente sulle imprese e le famiglie”. Poco dopo, ecco però arrivare la smentita da parte del sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vincenti, durante i lavori della Commissione finanze e attività produttive della Camera. De Vincenti ha infatti spiegato che “sulla norma sui conti correnti il Governo ha dato parere positivo. Vale ciò che il Parlamento ha deciso”. Il presidente del Consiglio Monti è intervenuto riguardo il decreto liberalizzazioni, spiegando che “la priorità di oggi è l’approvazione del decreto di conversione. Eventuali modifiche a disposizioni attualmente contenute nel testo del decreto, che si rilevassero inadeguate, dovrebbero essere rinviate a ulteriori interventi”. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Rocco Corigliano, docente di Economia degli intermediari finanziari nell’Università di Bologna: «Se parliamo effettivamente di pensionati che percepiscono fino a 1.500 euro e che sono titolari esclusivamente di queste pensioni, credo che non si ponga neanche il problema. Le banche hanno sempre espresso in maniera molto chiara la volontà di effettuare aperture nei confronti di particolari condizioni e bisogni, quali sono i percettori di pensioni minime, per i quali si pone il problema di liquidità, di incassare e di far transitare nei conti correnti certe operazioni. Le banche si sono quindi rese disponibili a un’eventuale gratuità del servizio, ma da questo a estendere l’annullamento a tutte le commissioni bancarie c’è un divario enorme».



Il professor Corigliano ci spiega infatti che «cancellare di colpo le commissioni bancarie significa mettere le banche in seri guai sotto il profilo del profitto e del rendimento della loro attività, compromettendo la possibilità di coprire i costi di funzionamento. Sembra che in atto ci sia quasi più una lotta ideologica che altro nei confronti delle banche, spinta dalla convinzione che queste si arricchiscano a spese del sistema. Le commissioni sono invece più che giustificate, perché richiedono impiego di tempo e lavoro, e dunque di capitali da parte delle banche».



Quindi, conclude Corigliano, «ora che si è compreso, a livello di Parlamento e di Governo, che è stata fatta una stupidaggine, cioè quella di abolire tout court le commissioni, si è creata questa divisione su chi debba farsi carico della correzione di questo pasticcio. Cosa che nessuno vuole fare, per non passare come difensore delle banche. Spero quindi che qualcuno abbia il coraggio di ammettere che è stato commesso un errore, che si rischia di mettere in crisi un sistema indispensabile e che quindi serve una soluzione».  

 

(Claudio Perlini)