«Ci sono stati interventi nei confronti della situazione di crisi che sono stati in parte realizzati e in parte annunciati. Per quanto riguarda il contesto generale europeo, che sullo spread dei nostri titoli di stato rispetto ai Bund ha comunque una rilevanza notevole, abbiamo assistito all’intervento della Banca centrale europea che ha operato una forte immissione di liquidità. Anche se qualcuno all’inizio nutriva dei dubbi sul fatto che questo intervento potesse avere degli effetti sullo spread e sui mercati del debito pubblico, di fatto si è rivelato uno strumento per intervenire anche su questi aspetti». Guido Merzoni, professore di Economia politica presso l’Università Cattolica di Milano, commenta in questa intervista per IlSussidiario.net il livello di spread sceso a quota 308 punti, livello che non si registrava dall’inizio di settembre.
Professore, ci stava parlando dell’intervento della Banca centrale europea.
Bisogna sottolineare che l’immissione di liquidità della Bce, come ordine di grandezza, è piuttosto considerevole, visto che si parla di una cifra che corrisponde all’11% del Pil dell’intera eurozona e al 16% del Pil italiano. Un’azione quindi molto forte, che ha consentito di migliorare la situazione almeno dal punto di vista della liquidità del settore bancario.
Per quanto riguarda la situazione italiana?
Riguardo al nostro Paese ci sono gli effetti legati al recupero di credibilità sui mercati internazionali. Almeno per quanto riguarda l’Italia, questa è una crisi non sul debito sovrano di solvibilità, ma da un lato di liquidità e dall’altro di fiducia. Questo però può innescare pericolosamente una crisi più profonda, perché se lo spread sale oltre un certo livello un Paese diventa poi non più solvibile, e noi ci eravamo andati particolarmente vicini. Il recupero di credibilità sui mercati internazionali si deve invece a un’opera efficace da parte del governo nel “vendere” bene gli interventi di politica economica che sono stati fatti, come fossero segnali di una ristabilita capacità di controllo rispetto alla dinamica dei conti pubblici.
Come stanno invece le cose?
In realtà diversi interventi erano stati già messi in campo dai governi precedenti, mentre questo governo ha pensato prevalentemente a un intervento di tipo fiscale, che non ha effetti di brevissimo periodo sul debito pubblico, ma che mette in sicurezza la sua dinamica. Altri interventi sono invece solamente un tentativo di ristabilire credibilità sul piano del contenimento dell’evasione fiscale, uno dei grandi mali che affligge l’Italia, come anche quelli riguardanti il lavoro e le liberalizzazioni.
Che tipo di effetti hanno prodotto sullo spread?
Questo quadro complessivo di interventi di breve periodo a livello europeo e di breve-medio periodo a livello interno hanno avuto i loro effetti sullo spread. Ci sono poi tutti quegli interventi più strutturali annunciati anche a livello internazionale di medio e lungo periodo, come il Fiscal Compact, che è in realtà un patto di stabilità rafforzato con garanzie costituzionali. Questo patto condivide con quello precedente una buona dose di rigidità, e in prospettiva mette in relativa sicurezza e tranquillità le dinamiche dei debiti pubblici. Anche se qui si crea un dubbio importante.
Quale?
Il Patto di stabilità precedente fu fatto saltare dai “grandi” dell’Unione europea, e il dubbio è che anche questo possa essere aggirato in qualche modo da chi ha un potere maggiore. L’altro meccanismo messo in campo è invece il cosiddetto Esm (European Stability Mechanism) che dovrebbe intervenire in situazioni di crisi di liquidità anche sui mercati dei debiti sovrani dei Paesi membri. Per il momento non è ancora attivo, e il suo predecessore sembra che abbia operato relativamente poco, quindi in buona sostanza sembra che la Bce sia molto più efficace in interventi rapidi e di breve periodo rispetto a un meccanismo come questo che, come detto, nella sua versione stabile non è ancora stato varato.
(Claudio Perlini)