Venerdì arriverà in Consiglio dei ministri la delega per la riforma fiscale. Lungamente attesa, viene definita dal governo stesso un tentativo per correggere alcuni aspetti critici allo scopo di rendere il sistema fiscale maggiormente un aiuto alla crescita e più equo. Numerosi i temi che vengono trattati, anche se diversi di essi in modo sommario mancando ad esempio sul tema del taglio alle agevolazioni qualunque riferimento preciso a quali di esse verranno eliminate. Viene comunque anticipato che non ci sarà l’introduzione delle tre aliquote Irpef del 20%, del 30% e del 40% previste dalla riforma del governo Berlusconi (mai in realtà approvate), mentre sarà eliminata l’Ires, sostituita con un’imposta sul reddito imprenditoriale al fine di uniformare la tassazione per tutte le imprese e professioni. Un capitolo poi interessa la lotta all’evasione con l’istituzione di una commissione indipendente che controllerà ogni anno l’ammontare reale dell’evasione stessa e il lancio del fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale. Per Paolo Costanzo, commercialista titolare dell’omonimo studio, contattato da IlSussidiario.net, siamo davanti a un segnale positivo. «Questa riforma, almeno per quanto si è potuto sapere fino a oggi, dà dei messaggi precisi con lo scopo di creare un rapporto più trasparente e di fiducia reciproca e anche di collaborazione tra il contribuente e lo Stato». Secondo Costanzo, è però necessario che sul tema dei tagli alle agevolazioni non si applichi alcuna riduzione a quelle per i famigliari a carico, mentre sarebbe ora di procedere a una valorizzazione della famiglia numerosa con agevolazioni mai prese finora in considerazione.
Nell’introdurre questa riforma fiscale, il governo dice che non sarà mai possibile realizzare un sistema fiscale perfetto, ma solo correggere alcuni aspetti critici del fisco italiano. Che ne pensa?
E’ una affermazione di principio sicuramente valida. L’articolo 1 del disegno di legge delega difatti descrive quello che deve essere il principio su cui deve uniformarsi la riforma fiscale. Cioè creare un rapporto più trasparente e di fiducia reciproca e di collaborazione con il contribuente, ricondurre a una maggiore razionalità e quindi equità fiscale, contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale.
Quella del governo dunque è una affermazione condivisibile.
Sì, perché in fondo è quello di cui parliamo da tempo e nella circostanza si è detto che perché si possa combattere l’evasione fiscale occorre creare un rapporto trasparente di fiducia reciproca tra contribuente ed esattori.
Cosa che al momento non sembra esistere.
Negli ultimi anni si era notato che non si andava più in questa direzione. Da un lato c’era la responsabilità del contribuente e quindi l’evasione diffusa, anche se in questo ultimo periodo si è sviluppata una maggiore sensibilità da parte dei cittadini i quali chiedono molto più frequentemente scontrino o fattura perché hanno percepito che l’evasione di qualcuno danneggia tutti.
E dall’altro lato?
Dall’altro c’è stato un approccio da parte dei responsabili del controllo fiscale molto aggressivo, con le cosiddette “ganasce”, le ipoteche, i pegni, ecc. Un rapporto molto aggressivo che di fatto molte volte penalizza i contribuenti onesti.
Avremo un fisco più a misura di cittadino?
C’è il tentativo in questo decreto di rendere il fisco più chiaro, con norme meno interpretabili, evitando che per qualsiasi cosa si debba chiedere chiarimento all’amministrazione finanziaria, la quale magari non è in grado di darlo. Credo che l’affermazione di principio del governo vada in questa direzione.
Cosa ne pensa dell’eliminazione delle tre quote Irpef previste dalla manovra del precedente governo?
Secondo me riflette il tema dell’ultimo articolo del ddl che fissa nell’articolo 17 un principio di attuazione che definisce che non possano essere fissati nuovi oneri per i bilanci dello Stato.
Ci spieghi meglio.
Fissare le aliquote sin da ora poteva rappresentare un ostacolo all’intera riforma e quindi questa è stata la ragione dell’abolizione. Comunque è stato rivisto il sistema di dichiarazione del reddito sia per le imprese che per gli autonomi.
Cioè?
Viene prevista una forma di incentivo al mantenimento delle somme all’interno delle imprese e quindi tutto deve essere parametrato con quelle che sono le esigenze di differenza di gettito fiscale.
In questo senso, stiamo parlando di eliminazione dell’Ires e introduzione dell’Iri, l’imposta sul reddito patrimoniale?
Sì, anche se in realtà si tratta più che altro di un cambiamento di nome perché la sostanza rimane la stessa. Chiamiamola così, Iri, però rimane la direzione giustamente intrapresa di assimilare i redditi prodotti all’interno della impresa a un unicum.
Si introduce una sola tassazione uguale per tutte le imprese e professioni indipendentemente dalla forma giuridica.
Sì, ma anche indipendentemente dal reddito prodotto. L’idea che sembra di capire dal ddl è quella di assimilare, di eliminare la distinzione in parte per quel che riguarda il reddito prodotto all’interno della impresa. Poi eventualmente il prelievo fatto dall’impresa o dal professionista si parifica per quella che è la sua natura.
Del taglio agevolazioni che parere ha? Il decreto in questo senso non è molto chiaro.
Il fatto che non vengano specificati i tagli probabilmente riflette l’esistenza di riordinare il tema delle agevolazioni. Oggi sono molte, sparse qua e là e a volte gli amministratori si dimenticano della loro esistenza. Ce ne sono alcune che non hanno più ragione di esistere, il ddl esprime l’esigenza di riordinare il meccanismo delle agevolazioni e definirlo man mano che l’agevolazione si rende necessaria.
Con la speranza che non vengano tagliate le agevolazioni per le famiglie.
Spero siano preservate perché è anni che si parla di quoziente familiare e non si riesce mai a realizzare per ragioni di gettito. Il nucleo familiare nell’ambito dell’eliminazione dell’imponibile crea una perequazione e anche una anomalia rispetto alla capacità contributiva. Oggi non viene rispettata la capacità contributiva in tutti i casi in cui le famiglie numerose non vengono agevolate o considerate in modo diverso rispetto alle altre famiglie.
Del fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale cosa ne pensa?
Sostanzialmente dovrebbe essere uno strumento o un metodo per far percepire al contribuente il vantaggio che deriva da una riduzione dell’evasione fiscale. Creando un fondo in cui vengono convogliate le risorse recuperate e usandole, si fa percepire la finalità di quella che è la lotta all’evasione fiscale. Adesso infatti sembra che non ci siano benefici. Il segnale che arriva è quello dell’aumento della pressione fiscale, aumentata in modo molto significativo. Si vuole allora dare un segnale di relazione fra il successo della lotta e la diminuzione del carico fiscale.