Il Presidente del Consiglio, Mario Monti, è giunto a Pechino per l’ultima tappa del suo tour asiatico che l’ha portato prima in Corea del Sud e poi in Giappone. Monti ha subito spiegato al suo omologo cinese Wen Jiabao che l’Italia vede nella Cina un importantissimo partner strategico e che intende quindi rafforzare il più possibile la già ottima collaborazione tra i due paesi. L’incontro tra i due leader può essere quindi l’occasione per sviluppare nuovi modi di collaborazione bilaterali e multilaterali. Già in occasione del vertice mondiale di Seul sulla sicurezza nucleare, a inizio settimana, erano arrivati messaggi incoraggianti da parte del Presidente cinese Hu Jintao, che aveva detto che intendeva fare il possibile perché in Italia arrivassero investimenti, sia pubblici che privati, dalla Cina.



Anche Wen Jiabao ha sottolineato l’importanza di rafforzare la collaborazione tra Italia e Cina: un’occasione per Pechino di conoscere meglio anche l’Europa. Il Premier cinese ha inoltre fornito un assist molto importante a Monti sulla riforme che sta portando avanti il governo italiano. Si è infatti detto convinto che l’Italia riuscirà ad affrontare il difficile scenario internazionale e a realizzare nuova crescita economica attraverso le riforme. L’economia del nostro Paese, secondo Wen Jiabao, oltre a poter contare su una grande industria manifatturiera, ha solide basi e grandi potenzialità. Queste parole confortano senz’altro Monti, dato che in questi giorni il suo esecutivo sta raccogliendo critiche sulla riforma del lavoro anche da una parte della maggioranza che lo sostiene.



Senza dubbio al suo ritorno Monti dovrà affrontare non pochi problemi. Le sue dichiarazioni nei giorni precedenti di questo viaggio e la lettera che ha dovuto poi inviare da Tokyo, pubblicata ieri su Il Corriere della Sera, sono la prova che il clima politico è piuttosto in subbuglio. Il governo dovrà dimostrare di poter ancora godere dell’appoggio di una maggioranza parlamentare e il test più importante sarà senz’altro quello dell’iter parlamentare del disegno di legge sulla riforma del lavoro.

Se l’esecutivo rimetterà mano a parte della riforma, potrà forse anche ricomporre la maggioranza, ma dovrà anche fare in modo di non sminuire l’effetto rinnovatore della riforma stessa. D’altra parte cercare di “sfidare” tutti presentando la fiducia sul testo di legge potrebbe essere un azzardo molto grande, non solo per il governo, ma anche per l’Italia stessa, che si troverebbe senza una guida in un momento in cui il contesto finanziario è ancora critico.