Il superministro Corrado Passera parla a Cernobbio, a Villa d’Este, nel Workshop Ambrosetti di primavera, e punta il dito ancora contro l’evasione fiscale. “Ci devono essere più controlli e migliori norme, ma alla fine è necessaria anche la sanzione sociale”. Passera si spiega: “Non deve essere tollerabile che chi può contribuire in maniera adeguata non lo fa, come accade oggi. Ci deve essere uno sforzo di tutti perché questa situazione cambi. La sanzione sociale è fatta di tante cose: certamente non può essere considerato furbizia non pagare le tasse. Non può essere considerato accettabile che chi ha uno stile di vita di buon livello, non abbia poi una quota di partecipazione agli oneri pubblici”. Il ragionamento di Corrado Passera non fa una grinza, se si fa eccezione rispetto a quella che viene denominata sanzione sociale. Che cosa significa in un momento come questo, in un Paese che vive un grande momento di incertezza a causa della crisi economica e del disagio sociale, e dove la pressione fiscale sta diventando altissima? Mario Morcellini, preside della Facoltà di Scienze delle Comunicazione alla Sapienza di Roma, è attentissimo ai messaggi che arrivano alla società italiana e comprende quello che questi messaggi possono provocare. «L’elemento più comprensibile in questa dichiarazione fatta dal ministro Corrado Passera è dovuto al fatto che l’evasione fiscale in Italia è stata a lungo, probabilmente troppo a lungo, tollerata. Indubbiamente questo governo sta facendo una comunicazione che rettifica l’immagine dell’evasore che si aveva fino a qualche tempo fa. È abbastanza vero che l’evasore passava come una sorta di furbetto, uno che sapeva quasi cavarsela di fronte a quello che il fisco gli richiedeva. Il problema è che con “sanzione sociale”, Passera usa parole forti che, in un Paese come questo, possono diventare pericolose».
In che senso parole pericolose?
Questo è un Paese dove sono stati avvelenati i “pozzi della reputazione pubblica”. C’è sempre una situazione di tensione a livello mediatico, dove basta che un giornale ti prenda di mira per rovinarti la reputazione. Qui è stato usato il “metodo Boffo”, non bisogna mai dimenticarlo. È proprio perché questi “pozzi della reputazione pubblica” sono stati avvelenati che esiste potenzialmente una situazione che può diventare pericolosa.
Forse occorrerebbe agire, senza grandi enfatizzazioni.
Credo che il fisco dovrebbe dimostrare innanzitutto una buona competenza tecnica. Il messaggio culturale che sta arrivando deve poi essere calibrato e deve essere compreso da tutti i cittadini italiani. A mio avviso, a volte, mi pare che questo “governo” parli soprattutto alle èlites del Paese, a quelli che leggono i giornali, a quelli che si occupano delle questioni del bilancio del Paese, della situazione economica, della grande crisi finanziaria. La grande parte dell’opinione pubblica si trova smarrita di fronte a certe situazioni e a certi argomenti. Il drammatico fatto di Bologna rientra probabilmente in uno di questi casi.
C’è anche da considerare che oggi si ha la percezione di una pressione fiscale molto alta.
Infatti, ci sono due fattori che si assommano. Da un lato c’è questo nuovo messaggio che arriva e modifica una cultura che era molto tollerante verso l’evasione, dall’altro c’è ormai una pressione fiscale in Italia che, per molti, diventa quasi un’ossessione per far fronte ai debiti del passato.
Non le pare che tutto questo sia arrivato con un passaggio troppo rapido?
Anche questo è un aspetto che va considerato. Il cambiamento di una cultura deve essere gestito e fatto comprendere. Ho visto un articolo di Attilio Befera nei giorni scorsi che mi sembrava ragionevole su questo punto. Occorre accompagnare la grande massa dell’opinione pubblica su delle posizioni corrette. Il cambiamento in questo caso è stato rapido e il fisco a molte persone è sembrato quasi “metallico” ed è stato vissuto come arrogante. Il problema è che occorre trovare la giusta comunicazione e una buona competenza tecnica.
Probabilmente proprio in una situazione come questa, dove stanno verificandosi casi come quello di Bologna e altri.
Bisogna stare attenti a questi esempi, perché portano con loro una certa violenza. È per questa ragione che bisogna misurare, fare attenzione alle frasi forti. In questo momento, considerando i mutamenti culturali, l’emergenza che viviamo, la pressioni fiscale che c’è, mi rendo perfettamente conto che è difficile fare una campagna mediatica sulle tasse. Ci vuole grande accortezza e soprattutto, ripeto, il fisco deve dimostrare grande competenza.
(Gianluigi Da Rold)