Quattro mesi di austerità virtuosissima, un salasso di tasse da togliere il fiato e il sonno, oltre che i soldi dalle tasche, una cosiddetta credibilità politica ritrovata, dopo un’operazione istituzionale condotta sul filo del rasoio della legittimità, un futuro incerto e il risultato impietoso dell’andamento dei mercati al 10 aprile 2012: lo spread è risalito a sfiorare i 400 punti (siamo ai tempi di Giulio Tremonti e del Cavaliere nel mese di settembre) e la Borsa è ricaduta sotto i quindicimila punti. Verrebbe voglia di dire a tutti: complimenti vivissimi per il Natale e la Pasqua che l’Europa e l’Italia “paracomissarriata” ci ha offerto a tutti. James Charles Livermore, grande operatore finanziario, non si stupisce affatto di questi risultati.



Lei se l’aspettava una simile ricaduta, dopo giornate in cui sembrava che tutto fosse alle spalle, con Mario Monti acclamato quasi come “l’uomo dell’anno”, con Giulio Tremonti praticamente al “confino” e Silvio Berlusconi che è ritornato a fare a tempo pieno il presidente del Milan?

Qui bisogna intenderci sullo spread. È un indice sempre meno credibile, che non dice nulla sullo stato reale dell’economia di un Paese. Fa perno sulla volatilità dei titoli di Stato.



Ma a novembre in Italia sembrava che di spread si potesse morire e, sul piano istituzionale e politico, lo spread ha provocato quello che ha provocato.

Sì, lo so benissimo. Ma tutto questo è frutto della pressione che esercitano due paesi in Europa, il famoso asse franco-tedesco, interpretato da due personaggi che hanno una leadership traballante nel loro stesso elettorato. Ora tocca a Sarkozy vedere come andranno a finire i suoi conti, l’anno venturo toccherà alla signora Merkel.

Non c’è solamente lo spread che è salito, c’è anche la Borsa di Milano che, in tre settimane ha perso più di duemila punti. Si era parlato di mini-rally, quando era salita fino a 17200 punti circa, ora si guarda alle perdite. Oggi si contano “morti e feriti”, con un -4,9%. E la Borsa, anche se non perfettamente, alla fine, fotografa la situazione economica del Paese.



Questo sì, la Borsa è inquadrata in certi meccanismi e dà l’idea, fornisce il quadro della situazione economica del Paese. Alla fine, salasso dopo salasso, si capisce bene come si stia componendo questo quadro, con un’austerità che è imposta a livello europeo. Che dire? In questo momento va di moda il rigore e l’Italia si attiene a questa moda che le viene imposta.

Se mi permette un commento, una moda che ricorda la commedia dell’assurdo nella situazione italiana. Una corona di piccole e medie imprese vivacissime che oggi sono mortificate da un autentico credit crunch per banche che, dovendo rispettare i parametri e i ratios europei dell’Eba, cercano di salvare il loro patrimonio e hanno il “braccino” corto verso il “cuore” dell’economia reale italiana.

In certi paesi europei, l’Italia appare economicamente come un’anomalia. Non la capiscono e quindi applicano e fanno applicare degli schemi che all’Italia non possono andare bene, proprio per la presenza di questa grande varietà di medie e piccole imprese, per l’assenza ormai di un’economia pubblica. C’è chi, con un’ostinazione degna di miglior causa, vuol fare cambiare pelle all’Italia. La situazione europea non è migliore con la politica d’austerità. Tra l’altro in questo momento l’interbancario è sceso ai minimi termini, nessuno si fida più dell’altro.

 

Forse in Italia, il governo “dei tecnici e dei competenti” non ha compreso bene la lettura che i mercati hanno dato della crisi relativamente all’Italia. Oltre a quella che fornisce Monti, c’è una altra lettura possibile basata su quattro punti: 1) i tempi della manovra, con la consueta sequenza “per ora facciamo quasi niente, il grosso lo farà qualcun altro in futuro”; 2) la composizione della manovra, troppo sbilanciata dal lato degli inasprimenti fiscali, troppo debole sul versante della riduzione della spesa pubblica; 3) la mancanza di misure incisive a sostegno della crescita; 4) l’incapacità del governo di tenere ferme le decisioni prese, vedasi la riforma del lavoro.

 

Probabilmente i mercati hanno anche questa lettura. È senz’altro possibile e questo significa illusioni da parte di chi cerca di applicare all’Italia misure di austerità di questo tipo e misure di intervento spesso tentennanti, mai incisive, dalle liberalizzazioni, alle semplificazioni, al mercato del lavoro.

 

Lei ha accennato a una situazione europea complessa.

 

Bisogna cominciare a tenere sotto controllo la Spagna. Mi posso sbagliare e mi auguro di sbagliarmi, ma sento voci di autentica implosione e di conflitti sociali che non si sa dove possano andare a finire. Provi a prenotare in questo momento un aereo per la Spagna. Probabilmente potrebbe sapere quando parte, ma non quando arriva. La Spagna, nonostante Rajoy abbia puntato i piedi sul deficit, è al punto di rottura sul piano sociale.

 

E come si fa a uscire da una simile situazione, come si può uscire da questo tunnel?

 

A mio avviso l’ago della bilancia si sposterà con il risultato delle elezioni francesi. Si dice che Nicolas Sarkozy nei sondaggi sia in rimonta, ma in realtà è sempre in testa Francois Holland. Una sconfitta di Sarkozy, probabilmente al ballottaggio, significherebbe che l’asse franco-tedesco frana, si spacca e la vittoria di Holland significa un ribaltamento della politica economica europea, una rinegoziazione complessiva. Ci sono alcuni paesi che se la stanno sfangando bene in questa crisi, parlo di Olanda, Belgio, Finlandia. Ma credo che anche questi paesi non vedano l’ora del tramonto dell’ asse franco-tedesco. La verità è che il problema non è ritrovare la credibilità di un singolo Stato, ma ritrovare credibilità per l’Europa intera.

 

(Gianluigi Da Rold)