L’ennesimo modo per molestare i contribuenti è stato individuato; il governo Monti ha istituto ancora un balzello. Raschiato il fondo del barile, dopo aver deciso di colpire la casa, le accise sulla benzina, i diritti di imbarcazione, le auto aziendali, i contributi sanitari obbligatori, i contratti a termine, l’Iva, le addizionali Irpef, le sigarette i bolli e conti correnti, cos’altro si poteva fare se non tassare gli sms dei cellulari? L’idea è quella di finanziare la riforma della Protezione civile, che potrebbe essere deliberato già venerdì con un decreto legge, mediante un imposta pari, al massimo, a 2 centesimi, per ogni breve messaggio di testo inviato. Massimiliano Trovato, fellow dell’Istituto Bruno Leoni ed esperto di Telecomunicazioni, spiega a ilSussidiario.net le ripercussioni per gli utenti e sul settore. «E’ bizzarro che si vadano a colpire proprio gli sms, considerati per anni riserva di extraprofitti per le compagnie telefoniche ma che, negli ultimi tempi, stanno andando incontro a un azzeramento dei costi. Questo, a causa di sempre più utenti che si avvalgono di servizi di instant messaging quali WhatsApp o Skype o di contratti che prevedono la possibilità di inviare un numero fisso di svariate centinaia di messaggi al mese a prezzi sempre più bassi».
A questo punto, si potrebbero determinare alcune criticità su svariati fronti: «Si pone, anzitutto, un problema di definizione di cosa sia da considerarsi o meno sms. Il messaggio scambiato su iMessage della Apple, sarà considerato tale e, quindi, tassato?». Secondo Trovato, verosimilmente no. «Si determinerà, di conseguenza, una diminuzione dell’utilizzo degli sms tradizionali, a fronte delle numerose alternative disponibili». Il calo sarà determinato da un altro motivo: «Difficilmente le compagnie si faranno carico del tributo, che rappresenterebbe per loro una perdita netta. Ribalteranno, quindi, i costi aggiuntivi sugli utenti che dal canto loro utilizzeranno sempre più altri strumenti».
Sta di fatto, che per le compagnie non è il momento più opportuno per un aumento dei costi: «Siamo in una congiuntura particolare in cui, mentre le compagnie vedono calere i propri margini di profitto, si chiede loro di contribuire al sistema paese con investimenti ingenti. L’ulteriore aggravio appare come una manovra miope che si inserisce nella piega recentemente assunta del governo Monti; si ha l’impressione che l’esecutivo tenda a reperire risorse non tanto sulla scorta di un piano organico, fondato sulla revisione del sistema tributario in un’ottica di crescita, quanto, semplicemente, dove riesce a trovarle».
Va detto che di recente, il vicepresidente della Commissione europea, Neelie Kroes, aveva sottolineato come l’utilizzo della banda larga in Italia fosse di 10 punti percentuali sotto i livelli francesi e tedeschi e come questo determinasse una perdita di 1-1,5 punti di Pil. «La maggior parte degli attori sul mercato integrano telefonia fissa e mobile e difficilmente sarà possibile separare le ripercussioni del balzello da entrambi i comparti».
Va fatta, tuttavia, un’importante distinzione: «Il comparto mobile, sotto il profilo dell’ampiezza della banda, dei servizi e delle tariffe è nella media virtuosa degli altri Paesi europei; abbiamo, invece, ancora delle arretratezze sotto il profilo dell’internet fisso che derivano dall’eredità storica del monopolio e delle mancanze infrastrutturali».
E’ intanto arrivata la smentita sulla proposta di tassa. L’ipotesi viene bocciata ancor prima che il decreto legge sulla riforma della protezione civile arrivi all’esame del consiglio dei ministri, esame previsto venerdì. I motivi sono due: primo l’impopolarità che una tale tassa avrebbe avuto sui consumatori; secondo il fatto che la tassa stessa sarebbe inapplicabile perché circa la metà degli sms che vengono spediti fa parte di pacchetti pre pagati offerti dalle compagnie telefoniche. Nel caso di tali pacchetti il costo di un sms scende fino a un centesimo: ne sarebbe scaturita una tassa del doppio del valore dell’oggetto stesso della tassazione.