Ora arrivano i problemi veri e adesso si misura la capacità di questo “governo dei tecnici”, che forse si sta dimostrando, come ha sempre sostenuto il professor Francesco Forte, più un “governo amministrativo”, tipo il governo Badoglio, per fare solamente un riferimento storico con tutte le necessarie distinzioni. Il dopo-Pasqua e Pasquetta è andato male per l’immagine italiana sui mercati internazionali, inutile girare tanto intorno ai problemi. Il tonfo della Borsa martedì 10 aprile, il nuovo ampliamento dello spread non è stato compensato dai mini-rimbalzi di mercoledì e di ieri. Gli aggiustamenti dei listini e dello stesso spread non hanno evitato che le aste dei titoli italiani andassero “così-così” per cogliere lo spirito dei commenti: bene la domanda, ma i rendimenti sono tutti saliti. Mercoledì il rendimento dei Bot a un anno è raddoppiato, salendo al 2,84%, mentre quello dei Btp triennali è volato al 3,89%, con un aumento dell’1,13% rispetto all’ultima asta di marzo. In definitiva, il debito costa agli italiani ancora di più. Il professor Francesco Forte guarda i numeri, ma poi va diritto al cuore del problema che è essenzialmente di natura politica.



Che cosa succede esattamente professor Forte?

La vera questione è che il governo, l’attuale “governo dei tecnici”, ha perso smalto. Il testo del disegno legislativo sul mercato del lavoro non contiene una vera liberalizzazione. Anzi, c’è una bella marcia indietro. E tutto questo provoca delusione, quello che gli inglesi chiamano “disappointment”. C’è delusione da parte dei mercati sulla capacità del governo di seguire il libero mercato, c’è delusione perché questo esecutivo alla fine si ferma ancora di fronte alle richieste dei sindacati. In questo momento il governo Monti si trova in un’empasse.



I mercati hanno forse letto nell’azione del governo una ricetta troppo depressiva?

Qualsiasi tipo di manovra di questo genere comporta fattori recessivi. Insomma, la recessione era prevista. Ma non era prevedibile una simile inerzia rispetto a un’uguale politica della crescita. Alla fine, l’Italia ai mercati appare come un Paese non dinamico. In fondo è arrivato un rimprovero perché di politica della crescita non se ne vede l’ombra. Le misure prese dal governo come l’Imu non riducono solo il reddito, ma il valore del capitale. Alla fine un’imposta come questa crea un fenomeno di decrescita. Come facciano dei “tecnici” a non capirlo è un mistero. Ma in tutti i casi, si poteva fare una simultanea politica della crescita.



In che modo?

Continuo a chiedermi se sia stato abbandonato o meno il progetto di costruire il Ponte sullo Stretto. Oggi non ci sarebbe più il veto di una Lega Nord, che è in grande difficoltà, e si avvierebbe un grande progetto di natura tecnologica con l’intervento dei privati e un modesto contributo di denaro pubblico. Questo progetto e questa realizzazione darebbe il senso di un minimo di slancio e stimolerebbe la domanda. In secondo luogo, non capisco perché sul progetto della “banda larga” sia calato un silenzio assordante. Proprio non se ne parla. Anche questo dimostrerebbe al mondo, ai mercati, che l’Italia si modernizza, che reagisce. È evidente che di fronte a un governo che chiama la sua manovra “Cresci Italia” e poi cade nell’inerzia, i mercati provino delusione e lo spread finisca di nuovo a salire. Sembra quasi che il governo se lo sia andato a cercare.

 

Anche la Bce non potrà più intervenire come ha fatto in questi mesi.

 

Certamente. In più la Bce suggeriva un’autentica liberalizzazione del mercato del lavoro, sia in uscita che in entrata e questo, finora, non è avvenuto.

 

Preoccupato sul problema della crescita sembra adesso anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

 

Sembra deluso anche lui, deluso dai “suoi”, da quelli che ha scelto. E la questione non è facile da ammettere. Lo capisco benissimo, dopo tutto quello che è accaduto in questi mesi.

 

Tornando all’andamento dei mercati: alla fine hanno dimostrato di essere intelligenti.

 

I mercati sono intelligenti, ma sono anche cinici, vogliono guadagnare. Aspettavano un momento come questo e non ci hanno fatto nessuno sconto, ma sapevamo benissimo che noi siamo nel mirino. Non c’è nessuna nuova scoperta al riguardo. Se pensiamo che qualcuno ci faccia lo sconto, vuol dire che abbiamo completamente perso il senso della realtà.

 

Lei pensa che questo andamento dei mercati potrà avere una ripercussione sulla tenuta del governo?

Questo è difficile da valutare in simili circostanze. Intanto però guardiamo a un aspetto che io giudico in modo positivo. In primo luogo, tutto quello che sta avvenendo dimostra che un “governo dei tecnici” non è in grado di esprimere il Paese, non ha la capacità di risolvere problemi a livello nazionale e complessivo. Questa è una lezione per i giovani innanzitutto. In secondo luogo, si può constatare ancora una volta l’incapacità della sinistra post-comunista a diventare classe dirigente di questo Paese. Le linee alla Prodi sono tramontate per sempre. Queste sono due lezioni storiche per il nostro Paese. Adesso non c’è da perdere tempo. Anche Emma Marcegaglia si è accorta che la riforma del lavoro non va bene. Bisogna far passare al più presto un testo credibile, rimanere con una certa coesione e arrivare alla fine di questa legislatura, in modo da ritrovare più democrazia e più dinamicità.

 

(Gianluigi Da Rold)