Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato l’atteso disegno di legge sulla delega fiscale. All’interno è contenuta finalmente la stabilizzazione del 5×1000: uno strumento condiviso e utilizzato da oltre 15 milioni di contribuenti che l’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà ha fortemente sostenuto chiedendo nelle scorse settimane al Premier di agire proprio nella direzione della stabilizzazione. E Monti ha dimostrato nei fatti grande disponibilità. Per il resto dal comunicato diffuso da Palazzo Chigi emergono sostanzialmente tre punti fondamentali di questo ddl: 1) la pressione fiscale resta invariata nella media; 2) ci sarà la revisione sul catasto con una stangata programmata (vista l’Imu) per i proprietari di case; 3) il famoso Fondo che doveva raccogliere i frutti dell’evasione fiscale e ridurre le tasse deve essere rimasto nella penna di chi ha scritto il disegno di legge sulla delega fiscale. In pratica, il famoso Fondo pare proprio saltato.
Il professor Luigi Campiglio, docente di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, di fronte a un sommario resoconto di questo comunicato, commenta in questo modo: «È preoccupante questa rapida diminuzione della capacità di decidere. Il Governo è partito con la manovra che ha colpito le pensioni, che è stata una riforma drastica delle pensioni. C’era chi la ha condivisa e chi no. Ma la capacità di decisione in quel momento c’è stata, giusta o sbagliata che fosse, producente o non producente che fosse. Ma adesso mi sembra che ci si stia perdendo in una non scelta per un non obiettivo».
Prevale una politica del rigore, con una pressione fiscale che è diventata quasi un macigno e nello stesso tempo non si vede una via d’uscita. Il famoso spread è ritornato a 400 punti, come nel mese di settembre.
Non c’è dubbio che l’impressione che si ha da una osservazione generale, è quella di un Paese che sta di nuovo rischiando. Il beneficio legato a una ritrovata credibilità internazionale comincia a non essere più sufficiente per gli italiani. Si percepisce fin troppo bene che sta subentrando un’aria di rassegnazione, di muta rassegnazione. È come se ci si rendesse conto che non ce la si può fare. Tutto questo può trasformarsi o si è già trasformato in delusione. Qui bisogna stare attenti, perché una muta rassegnazione può anche essere una sorta di strana bonaccia che precede una tempesta.
Sembra che esista un tracciato ben fissato nel programma di governo, quello del rigore, del tassare dove è possibile andare a tassare: si era pensato persino alle borse di studio, agli sms.
La scelta si è vista sin dall’inizio. Ma a mio avviso si stanno equiparando realtà completamente diverse: i sistemi economici e produttivi non sono tutti uguali, il mondo non è piatto. Come non comprendere che in questo momento, e anche per ragioni storiche, l’Italia, la Spagna, la stessa Francia non sono la Germania e non devono seguire le scelte di politica economica tedesca? Persino negli Stati Uniti sanno che gli Stati Uniti non sono un mondo piatto.
Invece da noi si fa il contrario.
Guardi solo la classifica delle maggiori preoccupazioni che hanno relativamente in Germania, in Francia, in Italia e in Spagna. Anche in Germania sono preoccupati della situazione economica, ma subito dopo si preoccupano per la qualità della scuola. Se lei guarda la Spagna, la maggiore preoccupazione riguarda la disoccupazione, idem la Francia e identica l’Italia. Vorrà pur dire che in questo quadro ci sono differenze sostanziali. Del resto, la disoccupazione in Germania tocca il 5%, mentre in Spagna è al 20% e l’Italia con la Francia intorno al 10%. A questo punto, con una simile differenza di situazioni, seguire la Germania nella sua politica economica è un peccato mortale, perché tutto quello che si sta facendo è fuori dalla realtà, non corrisponde alla realtà.
La pressione fiscale, dicevamo sta diventando un macigno e nello stesso tempo le imprese sono in difficoltà per il credito.
Ma qui mi stupisco della scarsa duttilità di un “governo dei tecnici” che un po’ di soldi per le imprese, per le piccole e medie imprese poteva trovarli. Quanto alla situazione delle famiglie, basta guardare a quanto è sceso il risparmio degli italiani: è all’8,5%, è letteralmente in caduta libera. Solo qualche anno fa superavano di una spanna gli altri paesi.
Che cosa dovrebbe fare un governo in queste condizioni e in tali circostanze?
È chiaro che, viste le differenze, sono riemerse in tutta la loro forza le esigenze di un Paese, di uno stato nazionale. E allora in questo momento un governo dovrebbe soprattutto fare gli interessi del proprio Paese, dovrebbe salvaguardare le esigenze del proprio paese. Questo dovrebbe essere il suo compito principale.
(Gianluigi Da Rold)