È giunta l’ora di Corrado Passera. È arrivato il momento che il ministro dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture inizi davvero a lasciare il segno nella politica economica dell’esecutivo. È quanto si aspettano, e auspicano, gli stessi membri dell’esecutivo oltre che i partiti che sostengono la maggioranza Pdl, Pd e Terzo Polo. Finora, infatti, a caratterizzare il tecnogoverno presieduto da Mario Monti sono state le misure di austerità frutto del premier e del viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, le liberalizzazioni che Monti e Antonio Catricalà hanno calibrato e le riforme della previdenza e del lavoro curate dal ministro Elsa Fornero.



Certo, in tutti gli interventi del governo, a partire dalle liberalizzazioni, il ruolo di Passera non è stato secondario. Ma saranno le prossime settimane quelle decisive per il ministro dello Sviluppo. Passera rivendica già alcune misure fiscali contenute nei decreti passati, come l’Ace per l’investimenti. Però uno dei dossier che il dicastero di via Veneto contava di chiudere già da settimane, come lo sblocco del pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, ancora langue; anche se gli uffici tecnici dello Sviluppo da tempo avevano proposto uno schema preciso. Sta di fatto che quei 70 miliardi di euro e passa che attendono le imprese, soprattutto piccole e medie, possono davvero rappresentare linfa vitale per le casse esangui delle aziende, evitando così un ulteriore ricorso al sistema bancario.



Anche altri dossier curati dal ministero retto da Passera giungeranno presto a conclusione. È il caso delle frequenze televisive che il governo Berlusconi aveva deciso di assegnare attraverso il beauty contest. Una procedura che l’esecutivo Monti ha sospeso provocando le ire del Pdl, dell’ex ministro dello Sviluppo Paolo Romani e di Fedele Confalonieri di Mediaset. “Siamo contrari a cedere a titolo gratuito beni di valore di proprietà dello Stato come le frequenze”, ha detto Passera. Una decisione arriverà a breve e anche i terzisti ritengono che si troverà una soluzione che non sia troppo penalizzante per le reti Mediaset. Si vedrà. A Passera, comunque, la sinistra non potrà non riconoscere che il contestato beauty contest è stato accantonato dal governo Monti.



Anche un altro capitolo seguito dal dicastero di via Veneto tocca interessi precisi. È il caso dell’imminente V Conto Energia. Ovvero il decreto con cui si ridurranno gli incentivi statali per la produzione di energia rinnovabile, in particolare quella fotovoltaica. Un provvedimento atteso con favore da alcuni grandi gruppi – in particolare l’Eni e anche l’Enel – ma che è vissuto con qualche apprensione dalle aziende attive nel settore, tra cui in parte anche da Sorgenia, controllata dal gruppo debenedettiano Cir. Gli osservatori più maliziosi ritengono che le esternazioni tv di Carlo De Benedetti con critiche dirette a Passera siano riconducibili anche a questa partita. Vero o falso? Le posizioni si chiariranno nei prossimi giorni.

Quello con De Benedetti non è l’unico rapporto complicato vissuto dal ministro Passera. Pur essendo indicato dalle piazze come un ministro-banchiere, proprio dai banchieri il titolare dello Sviluppo ha ricevuto i rilievi più ficcanti. La scorsa settimana la dichiarazione dell’ex consigliere delegato Passera, nel corso di un’audizione parlamentare, di un credit crunch conclamato ha fatto infuriare i vertici dei gruppi creditizi. Oggetto del contendere: c’è o non c’è una stretta del credito a scapito di aziende e famiglie? Per il ministro, c’è. Per Giovanni Bazoli, presidente di Intesa, non c’è: “Non ci sentiamo responsabili di questo (il credit crunch, ndr) – ha detto Bazoli – lo dimostrano i numeri”. Intesa – ha rimarcato Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, azionista di Intesa – “sta facendo la sua parte e non sta riducendo il credito alle imprese e alle famiglie”.

D’altronde i banchieri, pur avendo avuto un trattamento benevolo dal governo (l’Italia è stato il primo Paese in Europa a fornire una garanzia pubblica sulle emissioni di bond bancari, ad esempio), avvertono un atteggiamento di ostilità dall’esecutivo. È il caso della norma Catricalà contro i doppi incarichi nelle società creditizie, assicurative e finanziarie (una norma che Passera non ha voluto o potuto cassare) e dell’intervento del Parlamento sulle commissioni bancarie che il governo ha corretto in senso pro banche. Ma anche in questo caso l’ex consigliere delegato di Intesa, racconta un banchiere, è sembrato atarassico.

 

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