Con la riforma del catasto l’Imu non sarà pagata più sul numero di vani, ma sui metri quadrati, calcolati a partire dai valori del mercato immobiliare. L’obiettivo, annunciato già a Natale dal presidente del Consiglio, Mario Monti, è quello di correggere il valore su cui si applica l’Imu, in modo da superare le ineguaglianze senza incrementare il carico totale. Ilsussidiario.net ha intervistato il geometra Alberto Macchi per chiedergli di spiegare che cosa cambierà in concreto con la riforma.



Come valuta complessivamente la riforma del catasto?

Da quando è nato, il catasto non è mai stato riformato. Le case più vecchie e centrali hanno rendite catastali molto basse, ed è da qui che è partito il governo Monti per introdurre la sua riforma dell’Imu. Questo vale soprattutto per gli immobili di maggior prestigio, che pagano delle imposte inferiori perché sono rimasti ancorati a un valore assai vecchio. Esistono appartamenti di assoluto pregio nel centro di Milano, che hanno rendite più basse di bilocali nel Comune di Gorgonzola. Sicuramente dunque il catasto ha bisogno di una riforma.



Da un punto di vista pratico che cosa cambierà?

La valutazione non sarà più a vano catastale, ma a metro quadro. Si tratterà quindi di un parametro più oggettivo rispetto a quella del vano, che è un’unità indefinita che vale circa 15 metri quadri. I vani sono stati stabiliti a suo tempo guardando però delle piantine che spesso non erano sufficientemente dettagliate. Cento metri sono sempre cento metri, a Milano come a Catania. Anche se poi bisogna tenere conto dei prezzi stabiliti dal mercato.

Quali sono le principali sperequazioni?

Attualmente chi paga meno è chi ha gli immobili più vecchi e mai ristrutturati cioè spesso nelle zone più centrali. Mentre i quartieri periferici sono zone di nuova edificazione, e hanno quindi dei criteri anche catastali per i quali sono state valutate rendita e superfici in modo molto più dettagliato.



Di fatto chi ci perde e chi ci guadagna con la riforma?

Chi ci guadagna è lo Stato, chi ci perde sono i proprietari di immobili. Negli ultimi 50 anni però i proprietari di immobili, se non hanno effettuato lavori all’interno della loro abitazione, non hanno visto mai cambiare la rendita.

Chi pagherà di più con la riforma del catasto?

Tutti pagheranno di più. E questo, per quanto riguarda la prima casa non risponde certo a criteri di equità. La prima casa produce infatti reddito per chi ci abita, quindi è un reddito solo da un punto di vista teorico.

 

Le rendite catastali saranno quindi incrementate?

 

No, il governo non incrementa le rendite, ma il coefficiente moltiplicatore che va a determinare l’imponibile. Se io avevo un appartamento con una rendita catastale da 100 euro, fino a un anno fa dovevo moltiplicarlo per 126 (115 per la prima casa prima dell’abolizione del governo Berlusconi) e il valore finale risultava pari a 12.600. Da dicembre con l’Imu questo moltiplicatore è salito a 160, e quindi il valore finale è di 16.000. Tutte le percentuali aumentano perché il coefficiente per cui moltiplicarle è più alto. Ogni volta che mi reco al catasto, trovo degli anziani in coda per vedere se la loro rendita catastale è stata aumentata. In realtà quest’ultima rimane invariata.

 

Può fare un esempio concreto?

 

In via Calatafimi, zona Molino delle Armi, a Milano un appartamento di tre vani, pari cioè a 55/60 metri quadri, ha una rendita di 594, che con l’Ici era moltiplicato per 126 e produceva un risultato finale pari a 74.818. Se quindi il proprietario dichiarava un valore dell’appartamento pari a 75mila euro, pagava le tasse su quella somma senza il bisogno di alcun accertamento. Se io trovassi degli appartamenti a 75mila euro in quella zona di Milano, ci investirei tutti i miei soldi. La rendita catastale è quindi sganciata da un dato reale. Il governo Monti lascia la rendita invariata, ma portando il coefficiente a 160, il valore finale diventa pari a 95mila euro, che è comunque ancora un dato basso. Per ciascuna zona di Milano, con la riforma, il valore catastale rimarrà invariato, anche perché riuscire a cambiarlo richiederebbe un lavoro lungo anni.

 

(Pietro Vernizzi)