Ecco spuntare a sorpresa una nuova stangata. Balzelli e imposte di ogni tipo hanno portato l’Italia a poter vantare una pressione fiscale da record e, come se non bastasse, ecco spuntare nel decreto sulle semplificazioni una norma introdotta a sorpresa e scoperta recentemente: si tratta di un’imposta di scopo che potrà essere attivata dai sindaci per finanziare le opere pubbliche comunali. Viene però giustamente chiamata Imu-bis, perché questa imposta si paga sulle case. Mentre Pd e Pdl insorgono, con Alfano che fa sapere che chiederà ai propri sindaci di non applicarla e con Bersani che parla di “tasse sul burlesque”, c’è chi prova a minimizzare, come ha fatto il presidente della commissione Finanze Gianfranco Conte (relatore del testo alla Camera), affermando che in realtà “si tratta solo di un allineamento normativo”. IlSussidiario.net ha chiesto un giudizio riguardo questa ennesima sorpresa a Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, secondo cui l’obiettivo di un’imposta del genere «è il finanziamento di opere pubbliche sulla base del beneficio che provocano, e non ha quindi alcun senso far pagare un certo immobile che non ne trae alcun vantaggio. Questa tassa risulta poi ancora più criticabile se si pensa che praticamente già esiste, sotto il nome di contributi urbanizzativi, quelli che in Italia si pagano ogni qualvolta si costruisce un immobile e che riguardano appunto gli oneri di urbanizzazione che il cittadino genera a carico dell’ente locale».
Il professor Forte ci parla quindi dell’Imu, la tassa municipale sugli immobili che riprende la vecchia Ici, cominciando a dire che cambiare nome a un tributo «per aumentarlo, fa parte di quei metodi di una cattiva finanza, quella oscura, che invece di chiarire la situazione al contribuente cerca di imbrogliarlo. In questo clima di esasperato fiscalismo, la giustificazione del tributo sugli immobili a favore degli enti locali, sta nel fatto che questi, con le loro spese pubbliche, generano particolari benefici agli immobili. Ecco però che accanto all’imposta personale sul reddito abbiamo anche l’imposta sulla proprietà degli immobili, a cui si aggiunge quella sulla vendita degli immobili: è chiaro quindi che l’imposta di scopo per finanziare le opere pubbliche è solamente una duplicazione dell’imposta sugli immobili che già esiste da parte degli stessi enti locali».
Proprio per questo, continua il professor Forte, «in base ai principi della capacità contributiva, espressamente sancito dall’art. 53 della Costituzione, una norma del genere dovrebbe quindi essere vietata. Aggiungere un nuovo tributo che riguarda le opere pubbliche sino a 10 anni di applicazione, per finanziare il 100% dell’opera e non più il 30%, urta chiaramente contro il principio generale della Costituzione secondo cui le imposte si basano sulla capacità contributiva».
(Claudio Perlini)