Un’eventuale, ma al momento probabile, vittoria socialista nelle elezioni presidenziali in Francia avrà certamente un impatto nell’Eurozona. Hollande, infatti, appare determinato nel richiedere che la Banca centrale europea abbia il permesso di comprare più titoli di Stato per calmierarne i rendimenti e, soprattutto, una revisione dell’eurotrattato di compattazione fiscale che vincola le euronazioni a riduzioni accelerate dei deficit e dei debiti.



Paradossalmente, è la prima volta che un’offerta politica socialista piace al mercato internazionale invece di spaventarlo. Ciò succede perché l’influenza della Germania ha imposto restrizioni parossistiche alla politica economica dei governi, costringendoli a stringere i cordoni della borsa in una fase economica che, invece, richiederebbe di allargarli al massimo per evitare una depressione. Inoltre, se la Bce potesse comprare direttamente i titoli di debito ciò farebbe convergere i rendimenti e i rischi di insolvenza delle nazioni verso un minimo perché il mercato vedrebbe all’opera un prestatore sistemico di ultima istanza.



In sintesi, la vittoria socialista in Francia promette una pressione più forte sulla Germania affinché ammorbidisca i suoi diktat di rigorismo eccessivo che tutti nel mondo considerano una pericolosa fesseria. Ovviamente la Germania, in caso, resisterebbe. L’elettorato è ipersensibile ad aumenti dell’inflazione e le misure dette sopra alzerebbero certamente per un po’l’inflazione stessa, anche se in modi contenibili. Inoltre, è ostile all’idea di mutualizzare le garanzie dei debiti di altre nazioni fornendo le proprie.

Ovviamente tale argomento è facilmente smontabile sul piano del realismo: l’equilibrio di bilancio è una condizione da raggiungere, ma non a rischio di impoverire le nazioni oltre il punto di non ritorno, come sta accadendo in Grecia, Portogallo e Spagna e potrebbe succedere nella industrialmente più forte, ma anche più indebitata, Italia e in Francia se questa fosse costretta a cancellare il suo ampio deficit pubblico in poco tempo.



Anche l’Olanda sta soffrendo per l’eccesso di restrizioni e il governo che le ha imposte ha dovuto dimettersi. Ma tale argomento non basterà a Berlino, in particolare a Merkel che vuole ripresentarsi alle elezioni politiche del settembre 2013 potendo dimostrare che ha imposto i criteri tedeschi al resto dei disordinati europei e che non ha speso un soldo tedesco per aiutarli. Ecco perché una presa di posizione forte della Francia, diarca insieme alla Germania dell’Ue, per far finire la follia tedesca sarebbe essenziale. Ma, alla fine, quanto forte?

Socialista o di destra certamente Parigi non ha interesse a rompere il rapporto privilegiato con Berlino perché questo le fornisce un co-leadership europea utile come moltiplicatore della forza nazionale. Ma non potrà nemmeno accettare l’impoverimento in una nazione che per tradizione non lo accetta senza reagire con moti rivoluzionari e dove l’elettorato è diviso a metà tra consenso all’Europa e desiderio di liberarsi dagli odiati tedeschi che la dominano.

Pertanto potrebbe essere in vista un compromesso sui tempi del rigore tra Francia e Germania con l’esito di far accettare alla seconda l’uscita dalla crisi via un po’ di inflazione. Se ciò accedesse l’Italia ne avrebbe un enorme vantaggio, stando attenta però, alla luce delle esperienze passate, che il compromesso riguardi tutto l’eurosistema e non solo un vantaggio nazionale per la Francia.

 

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