Arriva a sorpresa, ma fa tutto sommato un gran botto l’audizione alla Camera del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino. Spiega il presidente della Corte dei Conti:”La pressione fiscale salirà dal 42,5 percento del 2011 oltre il 45 percento per l’intero triennio successivo. Il pericolo di un cortocircuito tra rigore e crescita non è dissipato nell’impianto del Def, impegnato a definire il profilo di avvicinamento al progetto di bilancio in un arco di tempo molto breve”. Aggiunge Giampaolino: “L’urgenza del riequilibrio si è tradotta inevitabilmente nel ricorso al prelievo fiscale forzando una pressione giù fuori linea nel confronto europeo e generando le condizioni per ulteriori effetti recessivi. Prendendo a riferimento il 2013, l’anno del pareggio di bilancio, si può calcolare che l’effetto recessivo indotto dissolverebbe circa la metà dei 75 miliardi di correzione netta attribuibili alla manovra di riequilibrio”.
E’ un segnale di allarme, importante, a cui si associano diversi economisti come Luigino Bruni, docente di Economia politica all’Università Bicocca di Milano.



Che ne pensa professor Bruni, è un campanello d’allarme importante quello del Presidente della Corte dei conti?

E’ importante che lo abbia detto, a mio parere è molto importante. Non vorrei dire di averlo già previsto, ma già nella manovra di Natale si poteva temere un effetto del genere. Già in quel periodo si potevano notare i primi significativi cali di consumi. Del resto le persone, le famiglie che cosa dovrebbero fare? Nel momento in cui ci sono nuove tasse, aumenta l’Iva, aumenta la benzina non può che consumare di meno.



Questa linea rigorista viene perseguita dal “governo dei tecnici” con uno zelo che pare eccessivo e controproducente.

Guardi, a volte queste scelte mi sembrano semplicemente fuori dalla realtà. La stessa riforma del lavoro che bisogno c’era di farla adesso? Tutta la questione sull’articolo 18 ha un effetto deprimente, in un momento in cui bisognerebbe lanciare qualche messaggio positivo e di incoraggiamento. Ma non si può certo esortare all’eroismo gli italiani e cioè che vengano tassati di più e consumino di più. Questo è veramente fuori dalla realtà.

Anche lei non vede segnali di crescita?



Direi proprio che se ne vedono molto pochi. Questo “governo di tecnici” sta facendo il suo compito  a casa, che pare proprio quello che viene da un diktat della finanza internazionale.

Nel frattempo la Borsa di Milano oggi è caduta di quasi 4 punti percentuali e lo spread è risalito fino a 410 punti.

E questo è inevitabilmente preoccupante. La Borsa sale e scende. Ma lo spread che si mantiene su quei livelli ci costringe a pagare il nostro debito su quei livelli. Può anche scendere sotto i trecento, ma quando si stabiliscono emissioni di titoli con quello spread, il debito costa quello che costa in base allo spread.

Tutto questo può portare a un effetto delusione di questo governo?

Penso che alla fine sia inevitabile. Non c’è una parola di incoraggiamento, non c’è una speranza, non c’è un cenno di ottimismo. In queste condizioni non è possibile che la situazione possa ancora durare a lungo. Capisco l’emergenza, ma qui è bene che si ritorni a delle visioni politiche più complessive. E che lo si faccia in tempi ragionevoli.

 

(Gianluigi Da Rold)