Se doveva arrivare una sorpresa nell’uovo di Pasqua, non poteva essere che una “ritoccatina” alle tasse. Naturalmente al rialzo, non al ribasso. Di fatto, l’unica crescita esistente oggi in Italia è quella delle tasse. In estrema sintesi, per finanziare i costi della riforma del lavoro, elaborata con grande difficoltà dal governo tra polemiche abbastanza accese, occorrono 1,7 miliardi nel 2013 e 3 miliardi nel 2014. I “tecnici”, con cura certosina, vanno a pescare questi soldi, principalmente, sulla locazione delle case e sulle autovetture delle imprese. La sostanza dei complicati calcoli porta la pressione fiscale al record storico del 45% del Pil. Non ci sono neppure più commenti da fare. Si può solo prendere atto di una tendenza inarrestabile: per far quadrare i bilanci ci si avvale di ogni tipo di reddito dei cittadini. Non può che sottolineare questa tendenza anche Ugo Arrigo, docente di Scienza delle Finanze all’Università Bicocca di Milano.



Si può continuare in questo modo? Esiste un punto di rottura in una situazione del genere?

Fare previsioni in una situazione come questa è azzardato. È evidente che l’unica strada che sta imboccando questo “governo dei tecnici” sia quella di aumentare le tasse. Fino a quando questo sia possibile non lo saprei dire. In tutti i casi, di fronte a queste manovre, di crescita non si può proprio parlare. Naturalmente stupisce che non si parli mai di toccare la spesa pubblica. Si potrebbe almeno fare una sorta di equazione riducendo la spesa pubblica in modo da diminuire un poco le tasse. Invece, nonostante riforme annunciate, di ridurre la spesa pubblica non se ne parla assolutamente.



Tutto questo avviene mentre in queste ultime due settimane il famoso spread è risalito e la Borsa sta di nuovo scendendo. Quindi anche tutte le rassicurazioni sui mercati vanno prese con le pinze.

È così. E poi occorre aggiungere l’aumento dei prezzi, l’aumento per le spese indispensabili delle persone normali. Nelle pieghe di queste manovre ci sono fatti che sembrano incredibili. Basti pensare che un pensionato che lascia il suo appartamento per andare a vivere in una “casa di riposo”, paga l’Imu, mentre le Fondazioni bancarie sono esentate dal pagare la tassa in quanto sono enti non-profit. Come si può riuscire a commentare un simile fatto? Sono cose da non credere e ci vuole pure “fantasia” a immaginarle.



In compenso gli italiani stanno diventando virtuosissimi e addirittura inseguono un pareggio di bilancio che sembra irrealizzabile.

La sensazione è che qualcuno abbia voglia di suicidarsi economicamente. Come si fa a raggiungere un obiettivo irrealizzabile? E lo sanno tutti che è irrealizzabile. Meglio fare come hanno detto gli spagnoli: noi possiamo arrivare sino a qui e basta. Guardi che la stessa nostra spesa pubblica, in valori assoluti, è aumentata di pochissimo in un anno. Certo, bisogna partire dalla considerazione di fondo che la spesa pubblica italiana assorbe quasi il 50% del Pil, mentre le entrate coprono poco più del 46%. C’è un disavanzo del 3,8%. Per quale ragione andare a impegnarsi a scendere di altri tre scalini in una situazione come questa?

 

La stessa politica di riforme che è stata annunciata sembra bloccata. Fatta la manovra sulle pensioni, si è andati avanti con le cosiddette liberalizzazioni, addirittura “annacquandole” un poco dopo l’annuncio. La riforma del lavoro non pare convincere. Che tipo di politica hanno in mente di fronte ai problemi del Paese?

 

L’impressione è che stiano mettendo tutti i problemi in freezer. A questo punto diventa difficile immaginare chi poi li toglierà questi problemi dal freezer. Vedo i partiti che hanno perso completamente la bussola. Non è un fatto di adesso, è da anni che in Italia la bussola dei partiti era rappresentata dalla spesa pubblica discrezionale e quindi, di fronte a questa crisi, l’hanno persa del tutto. Ma, ripeto, tutti i problemi chi li toglierà da questo freezer? Ritorneranno i partiti completamente rinsaviti? Oppure sarà un altro governo tecnico a doverli affrontare?

 

Mario Monti ha detto che il “montismo” non esiste e che lui si farà da parte.

 

Ci sono stati altri due “governi tecnici” in Italia negli anni Novanta, quello di Lamberto Dini e quello di Carlo Azeglio Ciampi. Posso dire che sulla durata di quei governi nessuno aveva dubbi, si sapeva che erano a scadenza, a tempo. Vedo che su questo “governo dei tecnici” non c’è la stessa sicurezza, non si sa quanto tempo possa durare.

 

A parte la durata di questo governo, per uscire da una situazione di empasse come questa, ci sono alcuni passi da fare?

 

A parte i problemi da affrontare, c’è anche la necessità di rinegoziare i parametri a livello europeo. In questo modo è difficile pensare che la situazione possa continuare a lungo termine.

 

(Gianluigi Da Rold)