Alla fine del mese di gennaio, la Borsa aveva ricominciato a riprendersi e lo spread era sceso, fino ad arrivare sotto quota 300 punti base. Nessuno, con un minimo di buon senso, pensava che tutto fosse risolto e che ci si avviasse lentamente verso l’uscita di questa crisi. La ritrovata credibilità dell’Italia a livello internazionale, dovuta indubbiamente all’azione del “governo dei tecnici”, ha soprattutto un effetto psicologico. L’economia e la finanza vivono anche, ma non solamente, di questo. Il problema è che i fondamentali dell’economia italiana sono buoni, anche rispetto a quelli di molti altri Paesi, ma la crisi li sta mettendo a dura prova. La pressione fiscale è alta, la disoccupazione è in aumento, le imprese sono in difficoltà e la crescita non riesce proprio a vedere se non qualche accenno che in questo momento non fa “primavera”. Graziano Tarantini, Presidente di Banca Akros, guarda con molto realismo alla situazione e traccia un quadro complesso, dove sono necessarie sia azioni immediate che interventi a medio termine.



La Borsa, dopo un mini rally, è tornata ai livelli di gennaio. Lo spread, dopo essere sceso sotto i 300 punti, è ora tornato a 380. Come si può spiegare tutto questo dopo la manovra del Governo e la ripresa di credibilità internazionale del nostro Paese?

Non c’è poi tanto da stupirsi. Alla fine, la nostra Borsa riflette la situazione del Paese. Se non si riprendono i fondamentali della nostra economia, accade il ritorno ai valori che esprimeva due mesi fa. Bisogna pur prendere coscienza di un fatto incontestabile: se non ricominciamo a crescere non si può pensare di uscire da questa crisi. Si possono trovare delle soluzioni tampone, si possono sistemare i conti per un certo periodo, ma restano poi i problemi di fondo. Da almeno cinque anni l’Italia non cresce più.



C’è sempre la necessità di grandi riforme strutturali, che non si vedono all’orizzonte e che forse sarebbero più che mai necessarie.

Il problema delle grandi riforme strutturali esiste, ma se anche si approntassero, gli effetti si vedrebbero sul medio-lungo periodo. Grandi riforme strutturali non sono in grado di risolvere problemi immediati che abbiamo di fronte.

Di quali problemi si tratta?

C’è una questione che riguarda l’intera Europa. Senza una riforma di livello europeo, io non ho molto certezze sul futuro. Guardo al dibattito nelle elezioni francesi e mi sembra di sentire discorsi ottocenteschi. questo è molto preoccupante. Ma c’è poi il problema che dobbiamo 
affrontare noi italiani, soprattutto le nostre imprese. 



Quale?

Devono produrre mentre è in atto la cosiddetta stretta del credito, il cosiddetto credit crunch. Le banche raccolgono poco (c’è stato un lieve aumento), devono soddisfare i parametri che gli sono stati imposti dall’Eba e cercano di difendere il loro patrimonio. Tutto questo rende difficoltoso il credito alle imprese.

Quindi quello che è stato fatto dal “governo dei tecnici” di Mario Monti si sta rivelando insufficiente.

Un momento: al punto in cui eravamo arrivati, la manovra del “governo dei tecnici” era inevitabile. Il recupero dell’immagine internazionale dell’Italia è stato utile. Forse in quel momento non c’erano altre scelte. Ma poi, ripeto, problemi che già esistevano, sono riemersi, si sono ripresentati.

Il problema principale è quindi di nuovo quello della liquidità delle banche, per permettere che siano in condizione di assicurare credito alle imprese?

È questo il nodo centrale. In sede europea si poteva la questione dei coefficienti patrimoniali imposti dall’Eba, differenziando i parametri richiesti fra le banche commerciali e quelle di investimento. Sarebbe già stato un passo avanti.

E poi?

C’è il nodo delle banche italiane che non riescono al momento ad assicurare credito necessario alle imprese. Scarsa liquidità, difesa del loro interesse, poca raccolta. Anche l’emissione di nuove obbligazioni sarebbe troppo onerosa. A questo punto si potrebbe pensare di facilitare la cartolarizzazione dei crediti delle banche con la garanzia dello Stato. È un’operazione che si fa negli Stati Uniti. Questo permetterebbe alle banche di ricominciare a erogare credito alle imprese e alle famiglie.

Rispetto alla situazione che stiamo vivendo, lei è ottimista o pessimista?

Si continua ad alimentare un’immagine degli italiani, soprattutto all’estero, di un popolo di evasori. Al contrario occorre partire da una considerazione: quella degli italiani che rispondono sottoscrivendo i titoli di Stato, come si è visto con i Btp Italia. Quando penso a questo divento ottimista.

 

(Gianluigi Da Rold)