Razionalizzare la spesa socio-assistenziale per ottenere risorse da ridistribuire alle fasce più deboli: con questo intento esponenti del ministero del Welfare, dell’Economia e di Cgil, Cisl e Uil si sono riuniti per esaminare e discutere la bozza di decreto ministeriale per la riforma del Welfare assistenziale italiano. In attesa del testo definitivo, sembra che il governo voglia principalmente operare su due fronti: innanzitutto una modifica del calcolo dell’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) che viene normalmente richiesto per poter accedere a una gamma di prestazioni di Welfare. Attualmente, all’interno del calcolo, vengono già conteggiati il patrimonio mobiliare e immobiliare, ma in futuro potrebbero essere inseriti nuovi elementi che andranno a influire nella valutazione dell’Isee, come le rendite finanziarie e altre entrate del nucleo familiare, come pensioni sociali e assegni familiari. La manovra d’intervento dovrebbe poi riguardare tutte quelle prestazioni che oggi sono rivolte a tutti e che sono indipendenti dal reddito, come gli assegni di accompagnamento per invalidi: prestazioni di questo tipo potrebbero rimanere inalterate nel caso in cui il reddito non superi i 15 mila euro, mentre in caso contrario subiranno delle riduzioni proporzionali alla ricchezza. IlSussidiario.net ha chiesto un parere a Luca Pesenti, professore di Sociologia presso l’Università Cattolica di Milano ed esperto di welfare: «E’ da diversi anni che nel nostro Paese si sostiene la necessità di attuare una riforma dell’Isee e di selezionare maggiormente la platea dei soggetti beneficiari delle prestazioni gratuite e dei trasferimenti sociali, rimodulando da un lato le tariffe e dall’altro i trasferimenti monetari in relazione alla capacità reddituale del soggetto». Oggi possono ad esempio usufruire dello stesso assegno di accompagnamento tutte le persone dichiarate totalmente non autosufficienti, sia che abbiano un reddito basso o che siano ricche: «Esiste chiaramente un problema di equità – spiega il professor Pesenti -, perché la cifra assegnata non può essere la stessa per una famiglia che vive in condizioni disagiate con un anziano non autosufficiente a carico e per famiglie agiate. Si tratta quindi di un problema che va risolto per garantire al tempo stesso l’adeguatezza della risposta al bisogno e una più evidente equità».



Il dubbio è proprio questo: come si può risolvere la questione? «L’Isee, da quel che si legge, verrà modificato principalmente nella componente di calcolo della ricchezza (redditi e patrimonio), per cui si prevede che tutte le ricchezze che entrano in famiglia, anche quelle che oggi non ricadono nel calcolo dell’Isee (per esempio, l’assegno di maternità e l’assegno famigliare), in futuro vengano conteggiate. Una decisione che mi trova assolutamente d’accordo, perché si passerebbe dal mero reddito lordo al reddito effettivamente percepito».



Un secondo punto più delicato riguarda la rivalutazione della casa in base alle nuove rendite catastali dell’Imu: «E’ una decisione che può essere condivisa – commenta Pesenti -, ma credo sia allora fortemente necessario aumentare le franchigie relative alla prima casa: in questo modo è possibile salvaguardare maggiormente chi possiede la prima abitazione, facendo pesare maggiormente la proprietà di più immobili».

Secondo Pesenti, è invece da notare che all’interno della bozza del decreto non sono presenti correzioni riguardo al calcolo sulla cosiddetta “scala di equivalenza”, «vale a dire quel divisore che tiene conto del numero di persone che compongono il nucleo familiare. Attualmente il calcolo Isee penalizza in particolare le famiglie con più figli, quindi da più fronti si è sostenuta la necessità di ritoccare l’Isee proprio per aumentare le agevolazioni all’aumentare della numerosità del nucleo famigliare».



Con il professor Pesenti parliamo anche dei diversi benefici che si possono ottenere in base al reddito Isee presentato, nel caso in cui sia maggiore o minore a 15 mila euro: «Oggi l’accesso ai servizi, ai trasferimenti e alle agevolazioni tariffarie è in genere governato da un sistema di scaglioni di reddito Isee: si tratta di una rigidità che può azzerare i benefici per pochi centesimi di differenza. Le esperienze più innovative, penso ad esempio a quelle di Trento e Parma, utilizzano invece algoritmi matematici che permettono di rappresentare una dimensione continua nella determinazione delle agevolazioni, in grado di collocare le condizioni familiari diverse, in un rapporto di proporzionalità con il costo dei servizi posto a loro carico. Così si evitano salti bruschi che generano inevitabili ingiustizie».

Nell’applicazione di tutte queste nuove regole, conclude Pesenti, bisognerà però prestare molta attenzione a non colpire ancora una volta il ceto medio: «La mia preoccupazione è che queste modifiche, considerando anche l’evasione fiscale esistente nel nostro Paese, vadano a toccare non solo i cosiddetti “ricchi”, il che mi sembra giusto, ma anche il ceto medio, che invece non è nelle condizioni di poter subire ulteriori aggravi. Molte famiglie non sarebbero in grado di sostenere le spese per un loro caro non autosufficiente, che si trovi in casa o in una struttura residenziale, quindi credo che questo sia il punto più delicato da affrontare. E’ giusto creare equità e ridistribuire le ricchezze alle fasce meno abbienti, ma non può essere il ceto medio ad essere colpito ancora una volta».

 

(Claudio Perlini)