Riforma di Wall Street di nuovo alla ribalta dopo il caso JPMorgan. La società finanziaria di New York si è trovata con un buco da 2 miliardi di dollari in seguito a speculazioni troppo rischiose. La prima super manager a perdere il posto è stata il capo degli investimenti, Ina Drew. Ma a tremare ora è lo stesso amministratore delegato, Jamie Dimon. Sulla vicenda è intervenuto anche Barack Obama, che ha dichiarato: “Le scommesse rischiose che hanno portato JPMorgan a una perdita da 2 miliardi di dollari dimostrano come la riforma di Wall Street sia necessaria”. Ilsussidiario.net ha intervistato Thomas F. Cooley, professore della Stern School of Business della New York University, per chiedergli di commentare questa vicenda cruciale per il mondo finanziario mondiale.
Professor Cooley, che cosa ne pensa delle dichiarazioni del presidente Obama?
Obama punta il dito contro la tremenda offensiva di una parte delle banche di Wall Street, che sostengono che la riforma di Wall Street nel modo in cui è stata interpretata sotto diversi aspetti, come i limiti all’esposizione delle controparti, starebbe ostacolando gli stessi istituti di credito. Jamie Dimon è stato uno dei critici più accaniti nei confronti della riforma di Wall Street. Tutti rispettano Jamie Dimon per il fatto che è un grande banchiere, ma io ritengo che ciò che intende dire Obama è il fatto che l’ad di JPMorgan ha i paraocchi quando deve affrontare le ragioni più profonde della riforma. In parte ciò è anche per l’ammontare del buco di JPMorgan, pari a 2 miliardi di dollari, una cifra enorme per tutti noi comuni mortali, ma che rappresenta in realtà meno dell’1% dell’equity capital della banca d’affari. Non è quindi una somma tale da rendere impossibile assorbire le perdite. Ma il problema più profondo è ciò che questo rivela per quanto riguarda la struttura del risk management, e sulle prospettive di rischio all’interno delle banche. Questo fornisce loro una pessima reputazione, e mette in discussione la loro effettiva capacità di controllare le cose che avvengono al loro interno.
Quindi una riforma di Wall Street è improcrastinabile?
La riforma è già in corso, o pronta per essere avviata. Ritengo che occorra rafforzarla, rendendo le regole più rigorose in modo da richiedere alle banche di avere livelli più elevati di equity capital, in modo da poter resistere a eventi come questo. Occorre inoltre limitare l’esposizione delle controparti, in modo da evitare che diventino sovraesposte con chiunque. Io sono assolutamente convinto del fatto che la riforma debba passare. Non è stata perfettamente concepita sotto tutti i punti di vista, ma il suo punto cruciale è esattamente dove deve essere.
La riforma di Wall Street era una delle promesse inserite nel programma elettorale di Obama. Non l’ha ancora realizzata perché non ha voluto, o perché le resistenze che ha incontrato erano troppo forti?
Ritengo che il motivo sia che lobby che vi si opponevano erano così forti e hanno speso una fortuna cercando di ritardare l’applicazione della cosiddetta “Volcker rule” che limita il tipo di attività rischiose che le banche commerciali possono intraprendere. Hanno speso quindi centinaia di milioni per attività di lobby contro questa riforma.
Che cosa ne pensa delle differenze tra le posizioni di Obama e Romney sulla necessità di una riforma di Wall Street?
Ritengo che non ci siano delle differenze così grandi come ci si potrebbe aspettare. Romney è stato molto prudente nel limitare ciò che ha detto sulla riforma di Wall Street e sulle sue regole, ma non credo proprio che ritenga che sia un provvedimento negativo. Il candidato repubblicano può sbagliare quando chiede un’applicazione leggermente meno rigorosa, ma ritengo che chiunque sia consapevole del fatto che una riforma delle authority di controllo è indispensabile.
Come è possibile che periodicamente avvenga che un singolo trader metta in ginocchio i cosiddetti “giganti”? Dove sono i controlli interni? E le autorità governative non hanno strumenti per intervenire?
Le posizioni di trading sono molto complicate, e le interconnessioni e i rischi che li coinvolgono sono molto intricati. E’ difficile capire anche per gli stessi esperti. Quindi i controlli sono necessari, ma i controlli saranno imperfetti anche nel migliore dei casi. E’ sempre possibile avere un trader disonesto, come nel caso di Barings. Queste sono eccezioni, ma quando ciò accade normalmente può portare al diffondersi di un sentimento di preoccupazione. Oltre che all’interrogativo se i sistema dei controlli siano stati ben concepiti e funzionino in modo corretto, o se si stia semplicemente cercando di aggirarli. E’ sempre forte la tentazione di cercare delle scorciatoie.
Qual è il significato politico e finanziario delle dimissioni di Ina Drew, ex capo degli investimenti di JPMorgan?
Ritengo che le implicazioni di questo fatto non abbiano reale importanza se non sul piano simbolico. JPMorgan ha un vero e proprio vivaio di grandi talenti e ci sono diverse persone che possono subentrare e compiere il lavoro di Ina Drew in modo egregio. Quando si verificano errori di questo tipo, qualcuno deve risponderne, ed è questo il motivo per cui è stata licenziata. Una donna ha perso il suo posto di lavoro, e presto la stessa cosa capiterà anche ad altre persone, ma questo è un fatto normale per Wall Street, e non penso che qualcuno si dispiacerà di avere perso il suo talento perché ci sono numerose persone come lei.
(Pietro Vernizzi)