Dopo le “corse agli sportelli” che si sono verificate in Grecia, giovedì è circolata la notizia secondo cui clienti di Bankia, istituto di credito spagnolo che è stato in parte nazionalizzato la scorsa settimana, avrebbero ritirato oltre un miliardo di euro di depositi. «Non si sa esattamente – ci spiega Mikel Buesa Blanco, Docente di Economia applicata all’Università Complutense di Madrid – cosa sta succedendo, perché le cifre sui depositi sono state smentite. Tuttavia, in altri precedenti casi di interventi sulle istituzioni finanziarie ci sono stati importanti prelievi da parte dei clienti, quindi è molto probabile che nel caso di Bankia sia accaduta la stessa cosa».
Qual è la situazione di Bankia? Perché il Governo è dovuto intervenire per salvarla?
Bankia è il risultato della fusione di diverse casse di risparmio, tutte con problemi derivanti dall’eccessivo rischio sui prestiti concessi al settore immobiliare in passato durante “l’euforia del mattone”, cioè il boom del settore immobiliare che c’è stato principalmente tra il 2004 e il 2007. Tali asset, quando i prezzi cominciarono a crollare, non sono stati svalutati nei bilanci degli istituti finanziari, perché il governo di Zapatero, nel 2008, le ha esentate dall’obbligo di farlo. La conseguenza è stata che le perdite sui crediti si sono accumulate senza che fossero presi i provvedimenti necessari a coprirle. E adesso la situazione è diventata insostenibile. Di fatto, senza l’intervento dello Stato Bankia sarebbe fallita, trascinando con sé buona parte del sistema bancario spagnolo. La nazionalizzazione è stata quindi inevitabile.
Qual è la situazione del sistema bancario spagnolo in generale?
Nel sistema bancario spagnolo ci sono due tipi di situazioni. Da una parte, le banche tradizionali (come Santander, Bbva e altri) sono entità con un certo livello di rischio immobiliare la cui copertura è garantita. Non hanno problemi di solvibilità. Lo stesso vale per Caixa Bank (che deriva da una vecchia cassa di risparmio), per il segmento delle banche rurali (che sono entità cooperative) e per alcune casse di risparmio tradizionali (Ibercaja, Unicaja Bbk Kutxa e Caja Vital).
Dall’altra parte ci sono banche nate dalla fusione di ex casse di risparmio, che nella maggior parte dei casi hanno gravi problemi di solvibilità. Si tratta degli enti che tra il 2000 e il 2007 hanno finanziato la bolla immobiliare. Bankia è l’esempio più noto, ma ce ne sono altre su cui la Banca di Spagna sta intervenendo. È difficile che questo segmento possa sopravvivere.
Non sono bastati quindi gli interventi Ltro della Bce per mettere in sicurezza il sistema?
Lo scopo degli interventi della Bce era alleviare l’impossibilità di accedere al mercato interbancario, evitando così che sorgano problemi di liquidità. Questi interventi non sono stati progettati, né servono per affrontare i problemi di solvibilità di cui sopra.
Visto quello che sta accadendo in Grecia, teme che la Spagna possa arrivare alla stessa situazione?
La Spagna non potrà mai arrivare alla situazione della Grecia. In primo luogo, perché il livello del debito pubblico è relativamente basso (non arriva al 70% del Pil). In secondo luogo, perché il costo reale dell’indebitamento per il Tesoro spagnolo è ancora sopportabile (è inferiore al 5%) e resta un ampio margine nel caso si deteriori. Infine, perché con la politica di stabilità dei conti dell’attuale governo è molto probabile che il processo di crescita del debito pubblico si inverta tra quest’anno e il prossimo. Di conseguenza, non si verranno a creare problemi di solvibilità per lo Stato spagnolo se si va avanti sul percorso che si è cominciato. La Spagna ha un problema con il suo settore pubblico – dovuto agli eccessi di spesa che Zapatero ha realizzato fino al 2011 – che il governo sta affrontando seriamente e con forza. Questo esecutivo, inoltre, ha anche la maggioranza assoluta in Parlamento, quindi non ci saranno problemi per ottenere un sostegno politico sufficiente come in Grecia.
Data la situazione economica interna, alla Spagna conviene ancora restare nell’euro?
Alla Spagna conviene l’euro, fondamentalmente perché fornisce un supporto politico per sostenere la stabilità macroeconomica. È vero che abbiamo avuto l’esperienza di Zapatero che si è mosso in direzione opposta, ma è anche vero che i problemi sollevati dalla sua politica sono dovuti in parte all’inesperienza sul funzionamento dell’Unione monetaria in un contesto di crisi. Mi sembra che il contesto attuale stia costringendo a un apprendimento rapido e che, quindi, sarà difficile in futuro che i governi possano optare per l’instabilità o lo squilibrio permanente dei conti pubblici.
(Lorenzo Torrisi)