Arriva un “ballon d’essai”, una sparata fatta magari in buona fede, con un poco di tono demagogico, al cosiddetto Parlamento di Strasburgo, il Parlamento europeo, dove in genere si parla di tutt’altro in pochi minuti contati. L’eurodeputata greca Anni Podimata del gruppo S&D (socialisti e democratici) modifica la proposta di direttiva presentata dalla Commissione chiedendo ai 27 Stati di adottare la tassa sulle transazioni finanziarie possibilmente su tutto il territorio comunitario in modo da evitare distorsioni al mercato interno. Strasburgo chiede anche che l’Unione europea “guidi gli sforzi tesi alla conclusione di un accordo a livello mondiale”. In attesa di questo accordo mondiale, Strasburgo propone aliquote europee abbastanza contenute in modo da evitare i rischi di delocalizzazione. Insomma, anche Anni Podimata si è resa conto che alla fine la speculazione potrebbe spostarsi nello Zimbabwe. Ma veniamo all’entità della tassa, che sarebbe poi una sorta di riedizione della famosa “Tobin tax”, il Parlamento europeo chiede che “la pressione fiscale sia relativamente maggiore per le operazioni speculative e più destabilizzanti da un punto di vista finanziario”. Parliamo di questa proposta con un nostro collaboratore, un operatore finanziario internazionale, James Charles Livermore, che, anche se sei solo al telefono, ti sembra che strabuzzi gli occhi.
Dal tono della sua voce, caro Livermore, mi sembra scettico o sbaglio?
A parte lo scetticismo, ho anche un filo di preoccupazione. E le spiego il perché: non vorrei proprio passare per un sostenitore di questo sbilenco sistema finanziario internazionale che è fallito e da rifare. Anzitutto penso che quando la proposta passerà al Consiglio è sarà messa in un cassetto. Poi, nel caso fosse possibile farla passare, questa è la volta che gli inglesi, la Gran Bretagna se ne va per davvero. Infine, mi chiedo come sia possibile delimitare il perimetro di applicazione di una tassa del genere.
Perché pensa che gli inglesi taglierebbero la corda?
La City di Londra vive di finanza e di diritto anglosassone. Per i contratti commerciali internazionali, c’è sempre un avvocato britannico pronto a sistemare ogni dettaglio. Si parla inglese nel mondo della finanza, così come in molti altri settori dell’attività umana in questo periodo storico.
E poi, quali altri problemi ci sarebbero?
Sembra che non abbiano ancora compreso come funziona la finanza in questo mondo sventurato e in crisi. Possono fare operazioni carta contro carta. Io posso sottoscrivere un’azione che vale 10 euro a 11 euro a tre mesi. Valore attuale zero.
Eppure c’era grande entusiasmo al Parlamento di Strasburgo, con una partecipazione bipartisan tra gli italiani. Alcuni facevano già calcoli: si potrebbero raccogliere 55 miliardi, alleviando le tasse agli europei e destinando il tutto… alla crescita.
Grottesco. Ma perché non vanno alla radice del problema e proibiscono lo Shadow Banking, che fa affari quasi come il sistema finanziario normale? Perché non ritornano, una volta per tutte, al “Glass Steagall Act”, dove c’è la separazione tra banche commerciali e banche d’investimento? Così lasciando il trading solo alle banche d’investimento si potrebbe almeno evitare di fare giochi bizzarri con i soldi dei risparmiatori e dei clienti delle banche normali.
Questo che cosa porterebbe?
Ripeto, per lo meno non si farebbe trading con i risparmi dei cittadini, non si userebbe la leva sul risparmio dei comuni mortali. Alla fine si potrebbe creare una sorta di operatore ordinario e di un operatore sofisticato, quello che di solito fa le operazioni più aggressive. In questo caso l’arena sarebbe più limitata e allora si potrebbe effettivamente fare operazioni serie anche di tassazione.
In caso contrario?
Andrebbero a prendere quelli più visibili, i pagamenti degli interessi degli imprenditori, su cui le banche si rivarrebbero subito. Capisco che questo tipo di argomento è “politicamente irrinunciabile” dopo quello che si è vissuto e si sta vivendo. Ma ci vuole molto di più per battere lo strapotere della finanza.
(Gianluigi Da Rold)