Spread in netto aumento ieri mattina e il timore che il contagio greco dovuto alla possibile uscita di Atene dall’eurozona sia un qualcosa di pericolosamente già prezzato dal mercato: l’Italia è nel mirino perché lo è, sempre più drammaticamente, la Spagna. Ieri il Tesoro ha venduto Btp a 5 e 10 anni per complessivi 5,74 miliardi, meno del target massimo di 6,25 miliardi e ha dovuto pagare rendimenti più alti, a fronte di una domanda sostanzialmente stabile. Sul nuovo quinquennale, il rendimento medio è salito al 5,66% dal 4,86% di aprile e sul dieci anni il tasso è salito al 6,03% dal 5,84% precedente mentre il rendimento offerto per il Btp decennale al 6,03% rappresenta il livello più alto dal 30 gennaio scorso e poco prima dell’asta il tasso era salito al 6,01% – sugli schermi Bloomberg – spingendo lo spread con il Bund fino a 469 punti base, ai massimi dal 17 gennaio.
Insomma, emergenza piena. E il perché è presto detto. Sulla scia delle dimissioni anticipate del Governatore della Banca di Spagna, sarebbe arrivato anche il no della Bce al piano di ricapitalizzazione di Bankia, il conglomerato di ex casse popolari capace di generare perdite da record sui prestiti immobiliari (40,85 miliardi di euro di esposizione tossica), proposto da Madrid. Stando al Financial Times, l’istituto di Francoforte considera «inaccettabile la non ortodossa idea» di rastrellare i 19 miliardi di euro da dare a Bankia attraverso l’emissione di titoli del debito pubblico, da girare poi come collaterali all’Eurotower per avere prestiti. L’ipotesi, infatti, per la Bce equivarrebbe a un finanziamento del governo spagnolo da parte dell’istituto centrale, non previsto dalle regole europee.
Ma c’è qualcosa di peggio nel destino di Bankia e, soprattutto, a spiegazione di quanto accaduto ieri mattina sui mercati: il traballante istituto iberico è divenuto inelegibile presso la Bce, ovvero l’Eurotower l’ha tagliato fuori dai programmi di finanziamento, permettendo linee di credito solo attraverso l’Ela – i fondi d’emergenza – che opera direttamente con la Banca di Spagna e non con la banca madrilena e che infatti continua a registrare aumenti degli esborsi. Andando a leggere il report della Bce già dell’11 maggio scorso, infatti, alla riga 5.2, “Consolidated financial statement of the Eurosystem”, ovvero il denaro delle aste Ltro distribuito presso le varie banche europee, si scopriva un calo di 10,8 miliardi di euro. Peccato che a quel numero non è permesso di calare o, tecnicamente, se lo fa, significa che c’è qualcosa che va storto.
Infatti, un rimborso anticipato dai finanziamenti a basso costo presso la Bce può quasi certamente essere dovuto soltanto alla perdita di elegibilità da parte di una controparte o alla scarsità di collaterale elegibile, sintomo chiaro di una preoccupazione per lo stato generale di salute del sistema bancario. Insomma, qualcuno ha ripagato in anticipo quei fondi, atto inusuale e non permesso, persino per le aste Ltro, visto che anche in questo caso deve passare almeno un anno prima di effettuare il rimborso. Qualcuno, quindi, ha perso l’elegibilità presso la Bce, con ogni probabilità per l’incapacità di onorare due dei criteri base: essere soggetto al sistema europeo di riserva minima o essere finanziariamente in attivo. E la cosa sta peggiorando, facendo pensare a un effetto domino nel sistema, visto che nell’update settimanale del 25 maggio, la Bce ammetteva che il calo era salito a 21,4 miliardi di euro. È sempre Bankia ad aver effettuato un nuovo rimborso anticipato o qualcun’altro ha perso l’elegibilità?
Partendo poi dal presupposto che fino a ieri la Bce era nota per accettare come collaterale anche la carta igienica, viene da pensare che si sia raggiunto il punto di non ritorno anche per l’Eurotower. Le implicazioni sistemiche di tutto questo, però, sono chiare: se le condizioni di salute di una o più banche europee sono tali da non permettere più alla Bce di poter offrire loro l’ossigeno necessario per vivere, come camperanno, visto che l’open market bancario europeo è completamente congelato da paura e diffidenza?
In compenso, nel 2011 i top manager di Bankia hanno guadagnato complessivamente 22 milioni di euro, proprio nell’anno in cui l’istituto ha registrato la peggiore perdita della storia economica spagnola: l’ex presidente, Rodrigo Rato, dimessosi all’inizio di maggio, ha guadagnato lo scorso anno 2,4 milioni di euro, buonuscita esclusa. Tutti meritatissimi, ovviamente. Ma se il ministro spagnolo dell’Economia, Luis de Guindos, ha negato che la Bce abbia respinto «alcun piano» sul salvataggio di Bankia, assicurando che il governo non ha presentato nulla al riguardo all’organismo europeo – «Bisogna dare retta al governo e non al Financial Times», ha chiosato indispettito, sapendo benissimo che il Financial Times è l’organo non ufficiale dei poteri forti quando devono mandare messaggi – il problema sussiste ed è enorme. Ed è di credibilità, visto che esattamente come i politici greci, anche quelli spagnoli sfuggono la realtà e raccontano frottole.
Sempre Luis De Guindos, come riportato da Reuters, ieri ha infatti confermato che Bankia verrà ricapitalizzata attraverso le obbligazioni emesse dal fondo salva-banche spagnolo Frob, spiegando che si tratta del medesimo meccanismo già utilizzato per altri salvataggi. Bene, ma dove troverà il fondo spagnolo per il salvataggi bancari – Fund for orderly bank restructuring (Frob) – i 23,5 miliardi di euro necessari per salvare Bankia, se in cassa gliene sono rimasti solo 5,3 e ci sono anche altre banche a cui prestare attenzione? Forse rivolgendosi al mercato obbligazionario, con lo spread che ieri sul Bonos decennale ha toccato quota 540 punti base? Se ci si vuole suicidare, questa appare la strada migliore.
Tanto più che il trend sembra ormai chiaro: le detenzioni di debito spagnolo da parte di investitori stranieri sono scese dal 50% al 37% da gennaio a oggi e ora Madrid fa i conti con il circolo incestuoso innescato dalle aste Ltro della Bce, visto che fino ad aprile le banche hanno tenuto in piedi lo Stato attraverso gli acquisti di bonds resi possibili dai 316 miliardi presi in prestito dall’Eurotower, mentre ora è lo Stato a dover tenere in piedi le banche. Surreale, ma innegabile. Anche perché la strategia che Madrid e parte delle autorità europee sembrano aver scelto appare quantomeno rischiosa, ovvero prendere tempo con ogni sotterfugio fino alle nuove elezioni greche, il cui esito secondo molti sarebbe destinato a calmare le acque. O sono elezioni truccate in stile bielorusso o non si capisce cosa garantisca questa prospettiva.
In compenso, Barclays Capital ritiene che il crollo del mercato immobiliare spagnolo sia solo a metà del suo cammino, prevedendo un altro -20%: il Centre for European Policy Studies va oltre, ritenendo che dei 400 miliardi di prestiti bancari al settore, circa 270 si tramuteranno in perdite per i bilanci degli istituti. Con lo Stato impegnato nel tentativo di salvare le banche agonizzanti, ben capite che la ratio debito/Pil spagnola andrà ben oltre il 100% e lo spread appare destinato a salire ancora, di fatto spingendo Madrid fuori dal mercato del finanziamento privato. Anche perché stando a calcoli di David Mackie per JP Morgan, un salvataggio spagnolo congiunto di Ue e Fmi che garantisca le necessità di finanziamento governativo lordo fino al 2014, includendo 75 miliardi di euro per le ricapitalizzazioni bancarie, porterebbe il conto a quota 350 miliardi di euro: il Frob ne ha 5,3, che si fa?
Il governo spagnolo spinge affinché la Bce riattivi il programma di acquisto sul mercato secondario al fine di calmare il differenziale e permettere a Madrid di finanziare il proprio debito a costi accettabili e gestibili sul medio termine, ma così facendo l’Eurotower tramuterebbe tutti gli altri creditori in subordinati e con l’esempio greco di fronte agli occhi – perdita del 75% per i detentori privati – il mercato trema. Certo, c’è da dire che un intervento limitato ma con potenza di fuoco in grado di spaventare la speculazione potrebbe riportare un minimo di calma, solo che occorre la benedizione della Germania in seno alla Bce.
Difficile darla per scontata, come ci conferma l’ultima trovata degli organismi europei di ieri: la Commissione europea esorta infatti gli Stati dell’eurozona a una maggiore integrazione dei rispettivi sistemi bancari fino alla creazione di una vera e propria Unione bancaria e attraverso la ricapitalizzazione diretta delle banche in difficoltà da parte del Fondo permanente di stabilità (Esm).
Lo dite voi a Berlino? Non c’è bisogno, a stretto giro di posta il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, ha ribadito il no secco a questa ipotesi di ricapitalizzazione. E poi, come prenderanno i mercati il fatto che la Commissione vuole bellamente bypassare il fondo Efsf per utilizzare l’Esm? Detto fatto, pochi minuti dopo che la proposta è stata rilanciata dalle agenzie di stampa, le Borse europee hanno perso mediamente l’1%. Attenzione, cari lettori, la sirena del pericolo rimanda flash rossi: ieri abbiamo rotto il livello psicologico del 6% all’asta di Btp decennali. Risuonano echi della scorsa estate. Con tempismo sospetto.