Come può diventare utile la nomina dei tre “tecnici” fatta dal “governo dei tecnici”? Dietro a questo fatto si è un po’ ironizzato, si è discusso e anche polemizzato. Ma probabilmente in pochi riescono a vedere quali sono i reali obiettivi di questo governo. In questi giorni si parla a dismisura di revisione della spesa dello Stato, di “quindici giorni di ricognizione” del “tagliatore” Enrico Bondi sui capitoli di spesa. Poi c’è Francesco Giavazzi, che darà i suoi consigli sui sussidi alle imprese, e Giuliano Amato, che dovrebbe stabilire i fondi destinati alla politica.
Ma intanto, in questa sarabanda di nomine, proposte e consigli, arrivano sul governo non solo le critiche di cittadini esasperati dalla pressione fiscale diventata intollerabile, ma anche quelle velate del Presidente della Bce, Mario Draghi, che, dopo aver spiegato che il Paese è stato indirizzato sulla strada giusta, che alla fine anche le banche garantiranno credito, non si può andare avanti con nuove altre tasse. Lo stesso fondo di ieri su Il Corriere della Sera, firmato da Giavazzi e Alberto Alesina, spiega che “la spending review, e cioè l’analisi e revisione della spesa pubblica, ha partorito un topolino”. Si è arrivati al massimo: alcuni tecnici danno consigli ad altri tecnici, evidentemente su scelte tecniche sbagliate.
Il professor Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, su tutta questa vicenda della spending review ha idee piuttosto chiare: «Stanno facendo degli errori. Lo si può vedere nello stesso decreto del ministro Elsa Fornero. Probabilmente anche Mario Draghi si è accorto che il governo sta sbagliando e quindi, con le dovute maniere, lo fa notare. Ma il problema non è questo».
Qual è allora?
È che stanno girando intorno alla questione, al vero problema Con tutto il rispetto per un uomo come Enrico Bondi, che è probabilmente bravissimo, la spendig review ha un senso se si fanno delle scelte politiche. L’ammontare della spesa, le inefficienze si possono già vedere facilmente, ma posso assicurare che qualsiasi funzionario della Ragioneria dello Stato può indicare dove sono i capitoli di spesa che possono essere rivisti. Il problema è essenzialmente politico: si vuole rivederli questi capitoli di spesa o no? Si vuole scegliere di eliminare le Province o no? Si possono fare gli elenchi delle imprese, soprattutto quelle degli enti locali, che vengono sovvenzionate o no? Sono ben 60 i miliardi di trasferimenti alle imprese. E quindi si può decidere di tagliare queste sovvenzioni. Ma il nodo della questione, ripeto, non è di natura tecnica, ma di volontà politica.
Secondo lei, questo governo non ha quindi la volontà politica di arrivare a un’autentica revisione della spesa?
Questo governo è sbilanciato fortemente a sinistra. Una sinistra che si finge liberale, ma che non è neppure marxista, con al traino un sindacato corporativo. Ma quale volontà politica può esistere in questa maggioranza di partiti differenti e con un governo sbilanciato a sinistra? L’ultima cosa che vuole questa sinistra è tagliare seriamente la spesa pubblica.
Ci si può domandare a questo punto quali sono gli obiettivi del Governo.
Guadagnare tempo e arrivare fino alla fine della legislatura, sperando che il deficit per quest’anno vada abbastanza bene, rimanga nei limiti tollerabili. E poi andare alle elezioni sperando che vinca la sinistra, questa sinistra. Non ci sono altri obiettivi. Si sono infilati nella crisi del centrodestra e stanno ripetendo quello che avevano già fatto con il “ribaltone” e poi con Romano Prodi. In fondo, Mario Monti è una sorta di “Prodi laico”. Quindi tutto questo gran dannarsi in nomine e altre operazioni di marketing porterà al massimo a una limatura. Quella già annunciata e prevista di 4,5 miliardi di euro di taglio.
Ma era prevedibile che una figura come Mario Monti potesse imboccare una simile strada?
Penso che potesse agire in modo differente. Con le sue qualità di tecnico poteva mettere, ad esempio, il Pd con le spalle al muro, di fronte all’evidenza di certe necessità. Ma non lo ha fatto e non sembra che abbia intenzione di farlo. Probabilmente segue una linea che è cara ad alcuni ambienti industriali e finanziari, le banche ad esempio, che si sono collegati da tempo a una politica di sinistra. Tutto questo sta emergendo sempre di più. Vediamo come reagiranno gli italiani.
Sul fronte della tassa sulla casa, della nuova Imu, non ci sono buone notizie per il governo.
La lettura di questa tassa sulla casa deve essere fatta attentamente. In questo caso non c’è solamente la necessità di bilancio e il reperimento di nuovi fondi, tassando anche la prima casa. C’è probabilmente una scelta più sottile: quella di scoraggiare gli italiani a investire in futuro sulla casa e a dirottare i loro risparmi e investimenti sui titoli dei fondi della banche. Non è una novità. Sono anni che c’è qualcuno che pensa a questo.
(Gianluigi Da Rold)