Gran parte degli organi d’informazione ha imputato le fluttuazioni negative dei mercati europei alla vittoria del socialista Hollande nelle presidenziali francesi; del resto, sembrava effettivamente che i principali indici, in mattinata prevalentemente in ribasso, avessero salutato la sua ascesa all’Eliseo con grande pessimismo. Anche adesso marcano segno negativo. Ma hanno recuperato decisamente rispetto a poche ore prima e risultano di pochi decimali sotto lo zero. In Italia, infine, Piazza Affari vira addirittura in positivo. Cosa sta succedendo? Ilsussidiario.net lo ha chiesto a Claudio Borghi, editorialista de il Giornale e Professore di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Secondo il quale, la vittoria del candidato socialista non ha niente a che fare con l’andamento delle borse. «Reagiscono tutt’al più, infatti, di fronte alle sorprese. E, benché non ci fosse nulla di certo, la vittoria di Hollande era stata ampliamente prevista. Le impennate e i crolli della borsa dipendono dalle scommesse degli operatori e, in tal caso, è da dubitare che qualcuno abbia puntato su un evento diverso da quello che si è effettivamente verificato». Oggi, in ogni caso, l’Italia sta andando benino. «Può dipendere dal fatto che in tanti avessero fatto una scommessa ovvia, puntando sul ribasso dei mercati sulla base di queste elezioni e una volta che le aspettative si sono concretizzate, dato che al potere sono andate effettivamente forze non esattamente mercatiste, si sono accorti che in tanti avevano fatto lo stesso ragionamento. Il rialzo, quindi, è stato dato dalla chiusura di posizioni ribassiste».



Al di là dell’anomalia odierna, per capire il ribasso dei mercati europei è utile cogliere un paradosso italiano relativo alla scorsa settimana. «Allora – continua Borghi – abbiamo assistito a una certa differenza di andamento tra  titoli di Stato e mercato azionario. Di norma, vanno di pari passo. Se la richiesta di titoli è bassa, se salgono i rendimenti e se aumenta lo spread, contestualmente il mercato borsistico va male; invece, nei giorni scorsi abbiamo visto una buona performance sui mercati obbligazionari, negativa su quelli azionari». Tutto ciò ha un motivo: «E’ un segno di come gli operatori siano più preoccupati dalla recessione che per la crisi dei debiti sovrani. Si sta iniziando a pensare che i rischi di default non siano più così immediati. Al contempo, tanti che facevano affidamento sull’utile in crescita della aziende hanno viste smentite le loro previsioni». Tanto più in Italia. «Dove, procedendo a botte di tasse è stata messa un pezza al debito; ma l’economia reale, rappresentata dalle azioni, inizia ad andare a rotoli».



In pratica, si può dire che Monti ha rassicurato i mercati internazionali circa la solidità del nostro debito. Ma ci ha mandati in recessione. «In realtà, per essere precisi, non ha neanche rassicurato i mercati internazionali». O, almeno, non è stato lui farlo. «A cambiare le carte in tavola è stata la Bce. Immettendo molta liquidità nelle banche, al tasso dell’1 per cento. Quelle italiane si sono approvvigionate per 116 miliardi. E in Italia, come nel resto d’Europa, buona parte dei prestiti sono stati utilizzati per comprare titoli di Stato». Resta da capire che effetti sortirà l’esito delle elezioni greche. 



«Pressoché nessuno – replica Borghi -. La Grecia, infatti, è un capitolo chiuso. Atene sta digerendo il sacrificio di tagliare il debito, mentre la Bce non può fare altro che auspiscare che rimanga lì dov’è. Se, infatti, uscisse dall’euro non è escluso che potrebbe scoprire che fuori dalla divisa unica non si vive male. E altri potrebbero seguirla. Considerando il fatto che la Bce trova nell’egemonia la sua stessa natura, l’Istituzione non può fare altro che spingere per impedire la disgregazione». Ma per i singoli Stati, ove risiedono le Borse, e in particolare per Paesi come la Germania, l’auspicio potrebbe essere proprio l’opposto. «Ottenuto tutto quello che potevano ottenere, infatti, non restano loro in mano che le sovvenzioni a cui tocca contribuire».

 

(Paolo Nessi)