Chi ha vinto le elezioni in Francia e in Grecia è il Presidente del Consiglio italiano, Mario Monti che ha di fronte a sé una strada ormai spianata verso il Quirinale (nel giugno 2013). Andiamo sinteticamente con ordine:
In Francia, dietro l’apparenza di un’alternanza serena, sono iniziate sette settimane di “coabitazione armata” sino al termine dei due turni delle elezioni per l’Assemblea legislativa. Successivamente, anche, e a maggior ragione, in caso della vittoria della gauche alle legislative, il Presidente François Hollande avrà serie difficoltà a mantenere impegni elettorali che comportano forti oneri per la finanza pubblica. Quindi, le tensioni continueranno e forse si aggraveranno tra le varie correnti del rassemblement delle sinistre.
In Grecia, i risultati elettorali hanno dato una forte affermazione ai vari partiti anti-austerity e anti-Ue. Anche se il Fiscal Compact è stato ratificato da Atene, non è ancora in vigore, perché mancano otto ratifiche di Stati membri dell’eurozona. Non è neanche in vigore l’accordo “taglia debito” per la Grecia, la cui validità effettiva scatta il 15 maggio. Due fondi francesi minacciano di non partecipare all’intesa: potrebbero essere il foro che fa crollare la diga. È difficile aspettarsi un’efficace “persuasione amichevole” da parte del Governo di Parigi (come spesso avvenuto in passato) proprio a ragione della “coabitazione armata” citata in precedenza.
È in corso un negoziato riservato sul debito spagnolo: servono 200 miliardi di euro presto (anzi prestissimo) per evitare l’insolvenza. I consiglieri di Hollande affermano che non è una delle loro prime preoccupazioni. Pure a Berlino si è soprattutto alle prese con le elezioni nei vari Länder e sulle prospettive di tenuta della coalizione. Il caos potrebbe essere innescato da disattenzione come in “La Guerre de Troie n’auras pas lieu” di Jean Giraudoux – una pièce teatrale che Hollande conosce bene.
In breve, oggi l’Europa è in mezzo a un guado simile a quello dell’aprile 1969 (referendum in Francia e uscita di scena del Generale De Gaulle): andare verso una forma di unione politica o perdere il suo “fiore all’occhiello” – quell’eurozona che assomiglia sempre più a una “simil-unione monetaria” invece che a una vera e propria unione monetaria quale sancita dalla teoria economica e dal diritto internazionale. Ambedue gli scenari (passi sostenuti verso l’unione politica-riforma profonda degli assetti monetari) richiedono lunghi negoziati per andare da una sponda all’altra del guado.
In questo labirinto l’Italia, il cui Parlamento deve essere rinnovato la primavera prossima e il cui Capo dello Stato viene eletto nel giugno 2013, si trova con un Governo “simil-tecnico” sorretto da una mini grosse koalition che rappresenta circa il 50% dell’elettorato. Un’Italia in cui i partiti tradizionali o riescono a rigenerarsi in tempi brevi o saranno severamente puniti dagli elettori. Nessuno auspica la costituzione di un “simil-partito simil-tecnico”. Ci sono, però, forti dubbi sulla capacità che la primavera prossima l’elettorato sia in grado di esprimere un Governo in grado di governare con efficienza e con efficacia. Specialmente se il labirinto europeo diventa ancora più intricato di quello che già è.
In questo caso, si apre la prospettiva dei Governi “del Presidente”. Chi meglio di Mario Monti potrebbe essere adatto all’incombenza – ossia a incaricare, da Capo dello Stato, Presidenti del Consiglio alla guida di coalizioni cangianti? È evidente che Monti mira al Colle più alto. A differenza di Carlo Azeglio Ciampi (che quando venne chiamato alla guida di un esecutivo tecnico non chiese nulla), Monti ha domandato e ottenuto uno scranno di senatore a vita. Ciò gli ha comportato la rinuncia a numerosi incarichi professionali (elencati nella dichiarazione dei redditi da lui stesso messa on line). Lo scranno indica che in questa fase della sua vita, Monti vede la politica come la sua strada. Da non prendere dalla cantina (elezione a consigli municipali), ma dai piani nobili verso Colli ancora più elevati.