L’Italia non vuol sentir ragioni e al di fuori di una politica all’insegna di ancora più tasse, ancora più rigore, non contempla alternativa. In Europa, tutta un’altra musica. Mario Monti, domani, incontrerà a Palazzo Chigi il commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehen. E gli sottoporrà tre dossier per la crescita comunitaria. Riguarderanno golden rule, project bond e venture capital. La prima idea consiste nel separare parte della spesa pubblica finalizzata agli investimenti dal calcolo del deficit. «L’idea, da un punto di vista teorico, è estremamente interessante. Il problema è prevalentemente politico», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net Carlo Altomonte, docente di Economia dell’integrazione europea. «Di norma – continua -, infatti, è preferibile tagliare la spesa in conto capitale che la spesa corrente. Il ritorno politico della seconda è decisamente più alto della prima. Ma la pratica deprime la crescita». Bruxelles, dal canto suo, ha sempre mostrato non pochi timori legati alla stabilità dei bilanci. «L’Ue intende procedere con i piedi di piombo nella definizione della spesa in conto capitale». Per intenderci, «all’interno di un ateneo, la realizzazione di un’aula è considerata spesa in conto capitale, lo stipendio dei professori in conto corrente. Tuttavia: chi ha stabilito che un’opera edilizia è un investimento e formare i professori no?». Difficile risolvere la diatriba. «Dal punto di vista tecnico, risposte non ne esistono. L’unica possibile è politica. E l’unica possibilità è che i governi, in tal senso, si accordino. Magari, stabilendo che siano da privilegiare e indicare come investimenti da sottrarre al computo del deficit quelle voci di spesa che coincidono con il programma infrastrutturale che la Commissione europea ha inserito nella proposta di bilancio 2014-2020».  



La situazione è meno complicata sul fronte dei project bond. «A oggi, esistono solo sulla carta, anche se sono già stati definiti, e teorizzati nel dettaglio. Ma ci sono stati passi avanti, a livello di Commissione europea. La ricapitalizzazione della Bei procede in questa direzione. Si tratta di un prodotto di finanza strutturata, ove alle istituzioni spetta il compito di garantire la componente rischiosa, mentre la parte degli investimenti infrastrutturali che producono reddito certo viene affidata ai privati». In sostanza, «le istituzioni si assumono l’onere di compensare il divario tra il rendimento effettivo dell’infrastruttura e il rendimento che l’investitore pretende». Va da sé che tutte le perdite derivanti dalle infrastrutture poco redditizie andrebbero a erodere il capitale dell’istituzione. «Per questa ragione, dovrà essere adeguato. L’operazione, del resto, andrà in porto solo se funzionerà la ricapitalizzazione della Bei». 



Infine, Monti intende contribuire al dibattito sui regolamenti europei che disciplinano il venture capital, in modo da favorire gli investimenti dei capitali privati. «A livello europeo, le regole prudenziali sul venture capital sono molto penalizzanti perché sono il risultato, sostanzialmente, dalla sommatoria di tutte le regole europee. Oggi si sono talmente tanti lacciuoli e vincoli burocratici che l’investitore privato è scoraggiato. Fa bene, quindi, il governo a proporre una semplificazione che consenta di implementare un modello di attivazione dei capitali per favorire la crescita che, ad oggi, non funziona».



 

(Paolo Nessi)