Se entro ottobre non interverranno misure fiscali in grado di reperire altrettante risorse, l’aliquota al 21% dell’Iva salirà al 23%, mentre quella al 10% passerà al 12%. Secondo il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, non ci sono le condizioni affinché la clausola di salvaguardia possa scattare e l’aumento, di conseguenza, ci sarà. Al limite sarà rinviato. Del resto, tale rinvio costerebbe allo Stato 3,1 miliardi di risorse in meno, mentre cancellare il rialzo consolidato previsto dal 2013 in avanti costerebbe 13,1 miliardi; azzerare, infine, pure l’aumento di mezzo punto percentuale previsto dal 2014 farebbe lievitare il mancato introito fino a 16 miliardi. Il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera è più fiducioso, e spera che l’aggravio si possa evitare. Magari, grazie al maggiore gettito fiscale o ai risparmi provenienti dalla spending review. Un’ipotesi di cui, Giloberto Muraro, professore di Scienza delle Finanze presso l’Università di Padova interpellato da ilSussidiario.net, si dice tutt’altro che convinto. «Se manteniamo fisso il vincolo relativo a una quota fissa di introiti e al raggiungimento del pareggio di bilancio, credo che rinunciare all’Iva risulterebbe molto pericoloso». Basta, d’altronde, fare i conti: «L’ammontare derivante dai due punti di Iva è di gran lunga superiore ai risparmi annunciati. Inoltre, credo che il governo sia troppo ottimista rispetto ai risultati della spending review sul breve periodo».
Tanto per cominciare, c’è un problema di impostazione. «Si dovrebbe puntare l’attenzione sul “come” lo Stato possa spendere di meno e meglio piuttosto che sul “quanto” risparmiare nell’immediato». Anche perché, in molti casi, tagliare non è possibile. «Ci sono limitazioni ben precise nell’apparato pubblico. Per intenderci, non si possono, ad esempio, licenziare i lavoratori. E’ possibile, invece, impostare in maniera differente il funzionamento dell’amministrazione pubblica per far sì che, al momento del turn over, non sia più necessario assumere nuovo personale. A quel punto sì che, effettivamente, si determinerebbe un ingente risparmio». Ecco, quindi, perché rinunciare all’Iva è un azzardo. «A meno che – continua – la compensazione che non si riesce a coprire con la spending review la si ottenga dal taglio alle detrazioni, dei sussidi, e delle agevolazioni fiscali di cui si sta parlando da tempo». In sostanza: «La revisione sistematica della spesa, introdotta dall’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, è un’esperienza positiva che deve ripartire; ma che non potrà andare a regime in tempi rapidi».
Non ci sono, quindi, alternative. «A meno che non cambi lo scenario a livello europeo e non si allentino i vincoli imposti all’Italia, consentendole un risanamento più graduale delle finanze pubbliche, senza far venir meno l’obiettivo del pareggio del bilancio e, di conseguenza, la fiducia dei mercati; detto questo, non saprei dove aumentare visto che, ad esempio, il patrimonio immobiliare è stato già colpito». In ogni caso, «è pur sempre preferibile incrementare l’Iva e abbassare i contributi sul lavoro per aumentare le esportazioni; del resto, per incidere sui consumi in termini espansivi dovremmo fare una manovra che non ci possiamo permettere».
(P.N.)