Alla fine, il bollettino dei mercati di ieri non è così tragico come quello di lunedì. Tuttavia, Piazza Affari è risultata ancora la maglia nera d’Europa (-0,7%) e lo spread Btp-Bund ha toccato i 490 punti base. Sembra inevitabile parlare di un’Italia “nel mirino” dei mercati. Ma com’è possibile che un problema della Spagna si sia trasformato in un guaio per il nostro Paese? «Il problema di fondo è quello che potremmo definire del continuo “gioco del cerino”: non si lascia nemmeno il tempo di sedare una crisi in uno Stato che i mercati già si proiettano sull’attacco speculativo sul Paese successivo. E, purtroppo, dopo la Spagna c’è l’Italia. Poi, sempre che l’Eurozona resista, sarebbe il turno della Francia. Purtroppo in Europa sembra esserci un’incapacità cronica di porre un argine significativo alla speculazione».



Secondo lei, perché avviene questo?

Principalmente perché la Germania oppone una serie di obiezioni a qualunque tipo di provvedimento che consenta di creare una barriera efficace. Non si capisce bene se questo dipenda da incapacità strategica e debolezza politica della Merkel oppure da un preciso comportamento predatorio, dato che in questa situazione il rendimento dei nostri titoli decennali è arrivato al 6%, mentre per i Bund è inferiore al 2%. In questo modo si stanno creando le condizioni per gettare nel panico i cittadini e i risparmiatori europei, prima ancora che i mercati. Questo non è certo un atteggiamento degno di un Paese che voglia essere leader dell’Europa. E non è tutto.



A che cosa si riferisce?

Stamattina (ieri, ndr) ho visto un giornalista tedesco sostenere su un’emittente tv italiana che la montagna di crediti che Berlino vanta verso il sud Europa sarebbe determinata dalla fuga di capitali da questi paesi verso la Germania. Ma è una menzogna: si sa che il credito è stato creato dall’accumularsi dei surplus commerciali che la Germania ha generato in questi anni verso i propri paesi partner. I surplus commerciali bilaterali con Grecia, Portogallo e Spagna sono stati di 300 miliardi di euro dal 1999 al 2011. Vuol dire che questi paesi sono stati bacino di vendita per molti prodotti tedeschi, in prevalenza attraverso i debiti. E oggi Berlino li tratta come “estranei” e li porta verso la recessione.



I nostri fondamentali sono comunque buoni.

Certo. L’unica “colpa” che sembrano avere le nostre banche è quella di possedere titoli di stato italiani. Ma va ricordato che sono 20 anni che il debito pubblico italiano sul Pil è sostanzialmente stabile, mentre gli altri paesi l’hanno aumentato. Da 20 anni, poi, continuiamo regolarmente a pagare gli interessi sul debito, anche perché abbiamo prodotto un avanzo primario pari a 60 punti di Pil (contro i 10 della Germania). La verità sta nei numeri ed è più importante delle convinzioni di alcuni intellettuali nostrani che si rivelano molto dannose: le stesse argomentazioni di noti professori editorialisti del nostro Paese le ho ritrovate, infatti, su un giornale tedesco, in un articolo che criticava l’Italia.

Come si può uscire da questa situazione?

Bisogna partire da un presupposto: l’anno scorso Prodi e Quadrio Curzio avevano formulato la proposta degli Eurobond, grazie alla quale, partendo da un plafond di garanzie reali pari a circa 1000 miliardi di euro, si potrebbero emettere titoli per 3000 miliardi, di cui 2300 (i rimanenti sarebbero destinati a investimenti infrastrutturali e quindi allo sviluppo) subito utilizzabili per abbattere il debito pubblico dell’Eurozona sotto il 60% del Pil. Ciò farebbe capire alla speculazione che è meglio indirizzarsi verso Stati Uniti o Inghilterra. Una volta stabilizzato il debito, ci sarebbe anche il tempo e il modo di intervenire sui focolai come Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna.

 

La Merkel ha però ribadito ieri, per l’ennesima volta, il suo no agli Eurobond.

 

Sarebbe ora che la Germania dicesse chiaramente se si fida o no degli altri paesi. Se ritiene che l’Italia, che è persino andata in recessione per accontentarla, sia affidabile o meno. Se la risposta è sì, allora la Germania, insieme a Francia e Italia, dovrebbe dar vita agli Eurobond, per costruire la “fortezza” dell’Eurozona. Se la risposta è negativa, forse conviene “smarcarsi” da Berlino e cercare un’alleanza più stretta con Parigi.

 

Ci spieghi meglio cosa potrebbero fare insieme Italia e Francia.

 

Sarebbe ora di analizzare bene la situazione con la Francia per porre alla Germania delle precise richieste comuni, facendole capire che c’è un fronte italo-francese. Del resto non credo che Parigi voglia continuare a “fiancheggiare” Berlino, dato che se vuole adeguarsi al Fiscal compact dovrà varare una manovra da 200 miliardi di euro, che non è proprio quanto prospettato da Hollande in campagna elettorale. Io ho poi lanciato la provocazione che Italia e Francia possano da sole dar vita a degli Eurobond, che potrebbero chiamarsi Transalpbond. Potrebbero costituire insieme una muraglia “anti-contagio” visto che sono i prossimi paesi che potrebbero ritrovarsi con “il cerino in mano”. Del resto, se la Germania non cambia atteggiamento non restano molte alternative.

 

(Lorenzo Torrisi)

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